Escursione breve, prevalentemente sull’argine destro del fiume Panaro, panoramico sulla pianura circostante. Siamo a cavallo tra le province di Modena e Bologna. Dall’estate 2014 sono in corso dei lavori per una ciclabile in ghiaia battuta, per cui l’argine sarà facilmente percorribile senza timore dell’erba alta. Qui in pianura le estati sono calde ed afose e gli inverni nebbiosi, per cui si consiglia la passeggiata in primavera o in settembre-ottobre.
Il percorso
Partiamo dalla nuova stazione ferroviaria di Camposanto, o meglio sarebbe dire da sotto la stazione, perché la ferrovia, la tratta Bologna-Verona, arriva direttamente dal ponte sul fiume Panaro, e non avendo lo spazio ed il tempo di scendere, è rimasta lassù, e la stazione è stata appoggiata su dei grandi pilastri metallici alti molti metri sopra la nostra testa, dipinti con dei grandi graffiti. Con la costruzione della nuova linea ferroviaria hanno demolito la vecchia stazione, sopra l’argine, la pizzeria “Da Ferruccio”, ottime pizze alte alla napoletana, ed il ponte della vecchia ferrovia sopra la provinciale. Tutto questo ben prima del terremoto del 2012, che ha comportato ben altre demolizioni in paese. Proprio un camposanto di edifici, viene da pensare!
La stazione di Camposanto è secondaria, tanto che vi fermano solo i treni da e per Poggio Rusco. Gli altri da e per Verona o il Brennero o Bolzano sfrecciano senza sosta.
Attraversiamo la strada e saliamo sull’argine, percorso da piste ciclabili. A fianco al nuovo ponte ferroviario è ancora presente il vecchio ponte ferroviario senza più rotaie, ma ne è vietato il transito anche a piedi, perciò ci dirigiamo verso il paese ed il ponte sul fiume, e passiamo sull’argine destro secondo la corrente. Dopo breve reincontreremo i due ponti ferroviari, il nuovo e quello dismesso.
Dall’alto dell’argine ai nostri sguardi si apre una campagna tagliata in parte da grandi filari di olmi e pioppi, che rimandano un poco al paesaggio delle viti maritate alle alberate, che dividevano i campi fino al boom industriale, ai trattori, alla monocultura.
Casa di campagna inagibile dal terremoto e dall’abbandono. E subito dopo il paesaggio comune della campagna della pianura da queste parti: grandi distese senza alberi, alternate a grandi distese di alberi da frutto.
Caselle, frazione del comune di Crevalcore, lambisce l’argine con il vociare di ragazzini cinesi ed arabi che si rincorrono, e pensionati al circolo a giocare a briscola.
Lo sguardo si infila lungo una striscia di noci che bordeggia la stradina che porta a Caselle.
Ogni tanto rischio di inciampare nei rovi, che invadono la sommità dell’argine, mentre il pendio interno è colonizzato dalla cannuccia di palude, dal falso indaco, la vitalba, ed il Sycios angulatus. Ma non daranno fastidio quando la ciclabile sull’argine, che per ora è in via di costruzione a partire da poco oltre caselle, verrà terminata.
Incontriamo in ordine Casoni sopra e Casoni sotto, luoghi appartati nella campagna annebbiata, ghetti rurali di cinesi, nordafricani, indiani, panni stesi e minimi servizi in questo lembo della provincia di Modena e del comune di Camposanto al di là del fiume.
Grandi lembi di frutteti e il grande ripetitore di Cadecoppi che si scorge di là dal Panaro, smorzano la sensazione di abbandono.
Attenzione che tra Casoni sopra e Casoni sotto si passa sotto di pochi metri all’alta tensione.
L’argine compie due grandi anse, e nella campagna delimitata dalla seconda un grande fabbricato con torre circondato da frutteti: siamo arrivati alla Ca’ Bianca, e al sottile ponte che ha sostituito modernamente un vecchio passo di barche. Al di là del fiume Panaro, verso ovest, si scorgono il polo industriale ceramico di Finale Emilia e l’agricenter, centro di stoccaggio dei cereali, bianco e verde.
Di qui scendiamo dall’argine seguendo la strada e raggiungiamo in fondo la via Selvabella. Giriamo a destra e poi dopo circa 500 m di nuovo a destra verso Palata Pepoli, che deve il nome alla famiglia nobile bolognese dei Pepoli, con il castello risalente al 1540, a cui manca l’ultima parte della torre, crollata con il sisma.
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