Anello dei Ciciu del Villar e Ponte Tibetano
Mappato da Adriano (Compagnia dell’Anello)
La coda dell’inverno continua ad imperversare e pertanto la Compagnia dell’Anello prosegue nella ricerca di itinerari, per noi inediti, ma che possono riservare gradite sorprese e scoperte permettendoci d’impiegare ottimamente il tempo di attesa per salire a quote maggiori.
E’ il caso di questo bell’anello che abbina il piacevole lungo Maira da Monastero a Dronero con il suo leggendario Ponte del Diavolo, un passaggio inedito per raggiungere Villar San Costanzo da Dronero scavalcando la collina di Picco Pennini, la visita al sito rinnovato dei Ciciu del Villar, la traversata, con piacevoli sorprese, fino a Morra del Villar e, dulcis in fundo (per chi non soffre di vertigini), la traversata del Maira sul Ponte Tibetano per tornare al punto di partenza.
Raggiungiamo quindi in auto la frazione Monastero di Dronero sul lato orografico destro del torrente Maira. Qui sorge la chiesa parrocchiale di Sant’Antonio, importante edificio che incorpora consistenti tracce del più antico complesso monastico cistercense femminile del Piemonte la cui fondazione data nella prima metà dell’undicesimo secolo per iniziativa dei potenti marchesi di Busca.
Troviamo parcheggio in un’area appositamente destinata a chi intende percorrere la ciclabile verso Dronero oppure semplicemente andare a provare l’ebbrezza del Ponte Tibetano sul Maira. Il tutto arricchito da ottima segnaletica e pannello planimetrico con i percorsi consigliati in specifico per chi pedala.
Per il percorso ad anello che ci siamo ripromessi, zaino in spalla, c’incamminiamo su Via Ripe Macra, la stradina ciclabile lungo la fertile riva destra del Maira, contornata da moderni frutteti: meleti, pereti, pescheti, ciliegeti…
Più avanti la strada diventa sterrata e perveniamo in vista de “La Torrazza” una possente costruzione cilindrica di quasi 30 metri di altezza, risalente al secolo XI, in pietre di fiume e rivestimento di malta, a vari piani, con una porta a livello di 7 metri dal suolo a cui si accedeva mediante una scaletta a pioli che si poteva poi ritirare. La Torrazza, era inserita nel complesso sistema di avvistamento e di trasmissione di segnali nel territorio del Marchesato di Saluzzo, faceva capo ai vicini castelli di Montemale, di Caraglio e di Dronero e riceveva e trasmetteva messaggi attraverso segnali luminosi che raggiungevano poi gli avamposti.
E’ la stagione dei livertin (o lavertin o luvertin a seconda della zona), una pianta spontanea che molti chiamano erroneamente asparago selvatico, e le donne del nostro gruppo si attardano a raccoglierli. In realtà questo antico ingrediente della cucina povera della nostra regione altri non è che il germoglio del luppolo, che nella forma e nel gusto ricorda un po’ l’asparago. Il livertin è un ingrediente usato in cucina per fare le frittate o da mangiare lessato con una noce di burro e una spolverata di parmigiano.
Ci stiamo avvicinando all’abitato di Dronero e lungo la via notiamo il ben ristrutturato pilone votivo dedicato a Maria Ausiliatrice dalla famiglia Bono fin dal 1786, mentre più avanti c’incuriosisce un filare di alberi da frutto fittamente parassitato dal vischio…non ci è dato sapere se si tratta di un fatto naturale o di una vera e propria coltura per la vendita del vischio nel periodo natalizio.
Arriviamo così a Dronero attraversando il Ponte Vecchio, detto del Diavolo, ponte merlato caratteristico con le sue grandi arcate diseguali, divenuto il simbolo di Dronero. Fu costruito nel 1428 sul torrente Maira per favorire l’accesso a Dronero e alla valle per chi veniva dalla piana di Cuneo. Il nome è legato, come tanti altri ponti medievali, per la sua costruzione e le caratteristiche architettoniche, alla figura del Diavolo, avvalorata dalla leggenda che vuole il demonio beffato dalla astuzia degli abitanti del paese di Dronero.
Attraversiamo Dronero addentrandoci nelle caratteristiche viuzze del centro storico fino a sbucare sul ponte sul Rio Roccabruna su cui campeggia la bella edicola dedicata alla Madonna del Ponte.
Oltrepassiamo la provinciale verso Busca iniziando la salita su Via Comba Pennini che s’inerpica tra villette e zone boschive fino al punto più elevato, Picco Pennini (720m), ove abbandoniamo la stradina asfaltata per svoltare a sinistra nel bosco su una sterrata di raccordo verso il Santuario Santa Maria Delibera. Percorsi 300 metri imbocchiamo sulla destra un sentiero semipianeggiante che seguiamo fino al successivo bivio dove ignoriamo la ripida discesa sulla destra svoltando decisamente a sinistra su una pista forestale che scende nel bosco fino a raggiungere la provinciale per Villar San Costanzo nei pressi del Parco archeologico “L’Arc Cannetum”.
Dopo una breve pausa ci avviamo lungo la strada verso il centro di Villar San Costanzo e seguendo la segnaletica raggiungiamo la “Riserva naturale dei Ciciu del Villar” facente parte delle “Aree Protette Alpi Marittime”, un posto che vale sempre la pena di visitare poiché rappresenta, dal punto di vista naturalistico, un’autentica rarità all’interno del patrimonio ambientale piemontese per le importanti peculiarità geologiche, cioè le caratteristiche colonne di erosione a forma di fungo che la rendono unica nel suo genere.
Nella Riserva è stato recentemente realizzato un nuovo tracciato, percorribile anche da chi si muove in carrozzina, che porta alla base del nucleo dei “ciciu” detto “la famiglia”. Il tracciato preesistente è stato ridisegnato, curato ad hoc nelle pendenze e realizzato con materiale drenante dello stesso colore delle colonne dei ciciu. L’area è sempre aperta e visitabile tutto l’anno, è dotata di servizi igienici e di aree attrezzate per il pic-nic. La tariffa d’ingresso è di 3 euro, mentre è gratuita per i bambini fino a 12 anni, i disabili e un accompagnatore.
Sono possibili più percorsi in base alla difficoltà. Noi abbiamo optato per il percorso turistico e didattico Ciciuvagando, che ha un tempo di percorrenza di circa 45 minuti. Lungo l’itinerario pannelli illustrano l’origine dei “Ciciu”, storie e leggende e presentano la flora che si osserva camminando sul sentiero. Completato il giro alla scoperta di questi grossi funghi rocciosi, composti da un “gambo” di terra su cui poggia un “cappello” costituito da un masso di duro gneiss, continuiamo il percorso nel Canyon di Rio Bello, il sentiero delle Favole, una facile passeggiata per andare “a caccia” degli animali della Riserva che, scolpiti nel legno, interpretano i mestieri tipici locali.
Al termine di questo percorso, anziché tornare all’ingresso, prendiamo il sentierino sulla riva sinistra del Rio Bello salendo sull’asfalto di Via Rio Bello e raggiungiamo località Pamallé. Svoltiamo a sinistra, superiamo il Rio Faussimagna e continuiamo sulla stradina asfaltata che poco più avanti diventa sterrata e dopo un tratto in ascesa veleggia comoda nel bosco alla base del Colle della Liretta.
Giungiamo così sulla cresta tra due valloncelli dove troneggia un disastrato pilone votivo impossibile da identificare, in prossimità del quale arriva una pista di discesa frequentata da numerosi bikers. Ma la particolarità del luogo sta nella vegetazione dei dintorni, composta prevalentemente da fichi d’india e altre piante esotiche non classificabili. Comunque, vista anche l’ora adottiamo il luogo per una riposante sosta rifocillatrice, arricchita oggi dagli antipasti di Luisa e dai dolci di Maria…
Ripartiamo, ora in leggera ascesa, notando una curiosa contraddizione circa la denominazione della sterrata che stiamo percorrendo: all’inizio un cartello la identifica come “Via d’la Salute” mentre alla fine è denominata “Strà di Mort”!!!(?).
Vabbé, sia come sia, arriviamo a incrociare l’asfalto di Via Rivoira (791m, punto più elevato del giro odierno) che seguiamo in discesa per un breve tratto per imboccare sulla sinistra il sentiero Croce. Su questo scendiamo per cresta nel bosco sbucando in un’ampia radura ove è installata la grande croce eretta come simbolo di speranza durante l’epidemia di Spagnola del 1918 e restaurata nel 2020 durante la pandemia Covid19. Da allora illumina le notti villaresi. Qui il panorama mozzafiato spazia sul fondovalle della Valle Maria e sulla pianura cuneese con il corollario di tutte le cime circostanti.
Scattate le foto di rito, proseguiamo la discesa verso la chiesa di Sant’Antonio sovrastante l’abitato di Morra del Villar su un promontorio roccioso. La piccola cappella agreste risalente al 1861, ricca di molti ex voto è agilmente raggiungibile e, data la sua posizione strategica, è una naturale terrazza con vista eccezionale, tanto da essere inserita come Punto Panoramico nei Piano Paesaggistico Regionale.
Attraversiamo la frazione Morra e andiamo a concludere il nostro ampio e piacevole anello dirigendoci verso la pedancola sul Maira che ci permette di arrivare comodamente alle auto parcheggiate a Monastero.
Commenta con Wordpress