Ode al polpaccio e alle sue potenzialità: misconosciuto dalla poesia montanara, dedita solo a picchi e ferrate, lavora rasoterra soffocato dal calzettone e non gode mai del paesaggio come farebbe, che ne so, un avambraccio. Non importa se esile o muscoloso, presta servizio senza esser visto, si allunga silenzioso nell’oscurità, come pompa idraulica che porta acqua alla città. Famoso per gli anta quello di Sebino, oggi fa rima con Paolo Zuccarino.
Il percorso
Dall’Eremo dei Romiti ci dirigiamo verso il bel dondolo alla cui sinistra c’è una strada ben evidente che scende. In breve si arriva in fondo alla discesa e qui troviamo le indicazioni a destra per il Rifugio Cercenà, nostra tappa intermedia e dopo poco un pannello informativo del Troi dell’Orse. Da qui andiamo per il sentiero in leggera salita accanto alla panchina. Con una discesa a zig-zag arriviamo ad una splendida parete di roccia con una scultura di legno raffigurante un orso, molto bello. Ancora in discesa e si arriva ad una fonte e ad un ponte sul torrente. Il sentiero, davvero incantevole, è accompagnato da tabellazioni in legno con indicazioni di piante, animali e mestieri del posto.
Si giunge dunque alla fine del sentiero in una radura con lo stesso pannello dell’inzio e qui si prosegue passando accanto al fienile in legno, per il sentiero numero 345. Con una salita decisamente ripida si arriva ad una pietra trigonometrica, si apre la vista sul Monte Tudaio ed il Cadore e se sbirciamo tra le fronde possiamo vedere il nostro punto di partenza, l’Eremo dei Romiti.
Giunti al Fienile Dalego troviamo un crocifisso accanto a cui parte un sentiero in piano nel bosco e dopo breve le indicazioni a destra per il Cercenà. Arrivati al Cercenà proseguiamo per l’asfaltata che in poche decine di metri vi porta ad un bivio da imboccare ovviamente in salita a sinistra. All’altezza della località Antarigole (1101 s.l.m) consigliamo di prendere il sentiero a destra per il Padova, in quanto più naturale e bello, lasciando quindi l’asfaltata. Il sentiero si mantiene sempre sulla destra idrografica del Torrente Talagona, poi passa dall’altra parte con un ponte e abbiamo una bellissima vista sugli Spalti di Toro. Sempre avanti per questa salita nel bosco e si arriva al Rifugio Padova, sotto la corona delle montagne.
Ode al polpaccio e alle sue potenzialità: misconosciuto dalla poesia montanara, dedita solo a picchi e ferrate, lavora rasoterra soffocato dal calzettone e non gode mai del paesaggio come farebbe, che ne so, un avambraccio. Non importa se esile o muscoloso, presta servizio senza esser visto, si allunga silenzioso nell’oscurità, come pompa idraulica che porta acqua alla città. Famoso per gli anta quello di Sebino, oggi fa rima con Paolo Zuccarino. Il percorso Dall’Eremo dei Romiti ci dirigiamo verso il…
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