Anello della Via del Purchin (con varianti)
Mappato da Adriano (Compagnia dell’Anello)
Castelli, chiese, cappelle, rocche, falesie, grotte, pinnacoli, caverne…questo in sintesi la varietà di ciò che la Compagnia dell’Anello ha incontrato in questo classico percorso nella macchia mediterranea del finalese…
Abbiamo voluto quindi provare la mitica “Via del Purchin”, un itinerario escursionistico relativamente recente, pulito e segnalato interamente dal C.A.I. di Finale Ligure, sfruttando la rete di antichi sentieri e vie mulattiere (alcune di origine romana!) che circondano la Rocca di Perti. Concatenando opportunamente questi vecchi tracciati, il percorso effettua un ampio anello con partenza proprio da Finalborgo che, con dislivello e pendenze tutto sommato contenute, consente di toccare la vetta della rocca, da cui si gode di un panorama spettacolare sulla costa ligure e su alcune delle falesie di arrampicata più rinomate della zona. Durante il tragitto si incontrano anche numerose località di elevato interesse storico ed antropologico.
Usciamo al casello autostradale di Feglino che permette, scendendo lungo il torrente Aquila, di arrivare direttamente a Finalborgo dove, in questa stagione, non s’incontrano difficoltà eccessive per il parcheggio.
Zaino in spalla, entriamo nel centro storico di Finalborgo voltando a sinistra in Via del Municipio, al termine della quale si trova la palina indicativa con il segnavia da seguire (segni bianco rossi con sigla “VP”).
Saliamo quindi lungo via Beretta, l’antica via progettata nel 1666, perfettamente conservata lastricata, che collegava il Marchesato del Finale al Ducato di Milano. Chiamata anche “Via della Regina” perché costruita in occasione del passaggio di Margherita Teresa di Spagna, che andava a Vienna per raggiungere il suo sposo, l’imperatore Leopoldo d’Austria.
In breve si raggiunge la “porta della mezzaluna”, che un tempo consentiva l’accesso all’imponente fortilizio di Castel San Giovanni.
Poco oltre il castello una evidente deviazione sulla sinistra (indicata con 2 bolli rossi), consente di raggiungere in breve il poggio panoramico del Monte Becchignolo, dove sorge lo storico Castel Gavone, antica sede dei signori di Finale, i marchesi Del Carretto, dalla caratteristica “torre dei diamanti”, edificato intorno al 1188.
Il cammino potrebbe continuare per cresta su un viottolo che porta però in una proprietà privata. E’ consigliabile pertanto scendere di pochi metri tramite un sentierino sulla destra ritornando sul percorso principale, con il quale si prosegue tra bei coltivi ad ulivo sino a raggiungere la frazione di Perti Alto.
Qui ammiriamo l’antica chiesetta di Sant’Eusebio con il caratteristico campanile a vela e, tenendo conto che il percorso può proseguire (palina “Cava” e “Croce Vetta”) sui due lati della struttura religiosa, il più suggestivo è sicuramente quello a monte, stretto tra il muro esterno della chiesa e l’incombente parete di falesia.
Imbocchiamo la stradina che transita presso alcuni vecchi cipressi inoltrandoci così nella fitta e tipica vegetazione mediterranea, delimitata a monte da una formazione rocciosa. La lecceta in piano ospita roverelle, ornielli e carpini neri e si intercala a uliveti con muretti a secco di contenimento che fanno da argine al cammino.
Poco oltre, evidenti gradini scavati nella roccia in tempi antichi e un breve tratto, più ripido, segnalano la prossimità all’area della Cava di Castel Gavone, da cui per molti secoli venne estratto un calcare organogeno miocenico, la pregiata “Pietra del Finale”, roccia i cui sedimenti sabbiosi ospitano frammenti di conchiglie, pesci e coralli.
Oltrepassiamo il grande piazzale, ignorando la carrareccia che si dirige a sinistra e ci portiamo verso la base delle pareti. Il sentiero procede tra i bassi arbusti di una gariga che tende a macchia mediterranea (lentisco, timo, santoreggia, cisto e raro ginepro). Poi la parete calcarea si fa particolarmente rosa e giungiamo ad un punto panoramico prima di addentrarci nella lecceta, vegetazione climax del Finalese.
Attraversiamo il pianoro e imbocchiamo una evidente stradina che percorre la base dell’imponente bastionata rocciosa della Rocca di Perti, dove sono tracciate diverse vie di arrampicata.
Poco oltre il singolare, spuntone noto come “Testa dell’Elefante”, perveniamo all’insellatura sommitale, che separa il versante settentrionale da quello meridionale della Rocca. Molto caratteristico risulta qui un antro posto poco sotto di noi, al sommo della parete a picco, raggiunto dagli scalatori tramite una corda fissa che si insinua in una spaccatura della volta.
Continuiamo su un sentierino che scende brevemente e deviamo a destra per la grotta del Mulo (palina VM). Per raggiungerla perdiamo quota per alcune decine di metri fino ad arrivare ai piedi di una paretina rocciosa e qui, caratterizzata da alcuni muretti a secco, si trova l’ampia ed evidente apertura della Grotta del Mulo.
Tornati al bivio proseguiamo fino ad un trivio dove, tenendo la destra, raggiungiamo l’interessante Arma delle Anime, grotta caratterizzata da fori tondeggianti sulla volta e più ingressi.
Ritornati sul sentiero principale, ci addentriamo tra la folta vegetazione per raggiungere il curioso torrione delle Formaggette, composto da numerosi massi appiattiti impilati l’uno sull’altro e, più avanti giungiamo alla base di una paretina rocciosa che si può risalire con attenzione arrivando sulla sommità denominata Acropoli. Si ritiene che questo posto possa essere collegato a qualche insediamento di epoca preistorica.
Scendendo sul lato opposto e tenendo la destra nel dedalo di sentierini, si completa il breve anello e ritorniamo sulla Via del Purchin.
Per salire sulla Rocca deviamo a sinistra e proseguiamo in leggera salita, superiamo diverse formazioni rocciose affioranti e con breve ultimo strappo raggiungiamo la bianca croce di vetta del Bric della Croce di Rocca Perti (398m).
Ci troviamo a picco 300 metri al di sopra del Vallone Pora e sotto di noi scorre la trafficata autostrada dei Fiori nei pressi dello svincolo per Finale Ligure. Oltre l’autostrada il balcone privilegia più ampi panorami dalle Alpi Liguri fino al mare di Albenga dominato dall’isola Gallinara.
Ma il percorso che intendiamo fare per il ritorno è ancora lungo e quindi dobbiamo incamminarci proseguendo brevemente sulla sommità (palina indicatrice), per poi scendere, superando alcuni tratti abbastanza ripidi, e confluire infine sul sentiero contrassegnato da “tre bolli rossi” che sale da Montesordo.
Continuiamo su quest’ultimo transitando a fianco di un antro scavato nella roccia, il Grottino di Bric della Croce dove si può entrare e percorrerlo per alcuni metri per uscire attraverso un’apertura alla base della strapiombante parete Nord della falesia, raggiungibile peraltro tramite un sentierino che aggira la grotta. In questo tratto della falesia, paradiso dei climbers sopratutto nel periodo estivo per l’esposizione ombreggiata, partono ben 14 vie di arrampicata tra cui la via “Il ghiro non mente mai” classificata con grado di difficoltà 7a+!
Noi lasciamo ai climbers il loro paradiso e continuiamo su un ulteriore tratto di ripida discesa arrivando sull’ampio spiazzo dei “Cianassi” dotato di tavoli, panche e fontana dove ci possiamo permettere una comoda e rilassante pausa pranzo.
A questo punto se volessimo seguitare la Via del Purchin continueremmo sulla stradina asfaltata che scende sulla destra nella piccola Valle Utra verso la Chiesa dei Cinque Campanili, raggiungendo Finalborgo nel fondovalle dell’Aquila.
La nostra intenzione è invece quella di allargare un po’ l’anello per arrivare ai Tre Frati. Imbocchiamo quindi la sterrata che sale verso l’abitato di Montesordo e la Cappella di San Carlo per deviare poco appresso sul sentiero a destra che scende ad attraversare il rio Fosso Pianmarino e risale ripido nel bosco su scalini scavati nella roccia fino a giungere all’imponente grotta della Pollera, un antro assai scenografico, d’importanza per i ritrovamenti archeologici qui rinvenuti risalenti all’età del bronzo. Dotata di un doppio ingresso si può accedere agevolmente nell’ampio vestibolo che poi via via si abbassa e si restringe fino al punto in cui le difficoltà diventano di natura speleologica richiedendo adeguata attrezzatura e specifica preparazione. Nei dintorni risulta un’altra bella grotta, quella dell’Edera, di cui rimandiamo ad una prossima escursione la ricerca e la visita.
Continuiamo ora la nostra ascesa fin sulla cresta che accede al versante sul Vallone dell’Aquila e in breve perveniamo al punto denominato “I tre Frati” comprendente i torrioni Frate Maggiore, Frate Minore e un terzo torrione più basso; nei pressi esiste pure una grotta denominata Caverna dei Frati. Peccato che la vegetazione non permetta, dal sovrastante belvedere, di valorizzare appieno queste aeree formazioni rocciose, molto ambite dagli appassionati di arrampicata in falesia.
A questo punto intraprendiamo il percorso di ritorno su buon sentiero declinante in Valle Utra verso Case Valle e la Cappella di San Benedetto fino a Sottoripa dove intercettiamo la Via del Purchin e ritroviamo il segnavia VP .
A questo punto proseguiamo il percorso fra le vecchie case e una serie di “crose” assai pittoresche, raggiungendo il fondovalle dell’Aquila. L’itinerario si mantiene sulla destra idrografica del torrente senza toccare la strada asfaltata, ma seguendo il tracciato della vecchia “via romana” che porta all’ingresso di Finalborgo e ai suoi caratteristici vicoletti, andando a chiudere questo interessante e apprezzato anello.
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