Giro delle borgate di Frise, in Valle Grana
Mappato da Adriano (Compagnia dell’Anello)
Frise, una delle frazioni di Monterosso Grana che si raggiunge percorrendo la valle Grana, svoltando a sinistra subito dopo la rampetta all’uscita di Monterosso. Dopodiché si transita a San Pietro e poco dopo, a Saretto, si abbandona la strada che prosegue verso Santo Lucio de Coumboscuro e si prosegue a destra nella stradina che, in poco più di 4 chilometri, raggiunge l’aprìca e ridente località di Frise.
Assodato che la denominazione derivi dalla italianizzazione del sostantivo provenzale ‘fràisse’, frassino, a conferma del territorio boscoso caratterizzante l’omonimo vallone, a Frise (1220m) fanno riferimento ben 14 borgate. Nell’itinerario di oggi transiteremo in metà di queste, la maggior parte ancora abitate per lo svolgimento dell’attività agricola e di allevamento.
Ci troviamo infatti in un’area molto importante per la produzione del pregiato formaggio Castelmagno e lo dimostra il numero consistente di stalle e relativi capi bovini di razza piemontese presenti in queste borgate. L’allevamento in Valle Grana, e in particolare nei pascoli dell’alta valle, è quasi interamente finalizzato alla produzione di questo formaggio. La particolare varietà e la fragranza delle erbe presenti nei pascoli costituiscono il presupposto fondamentale per i caratteri distintivi di qualità, sapore e profumo di questo eccellente formaggio.
Partiamo dalla Chiesa Parrocchiale, recentemente restaurata, dedicata ai patroni San Giovanni Battista, San Bartolomeo e Sant’Agata, le cui statue, nelle rispettive festività, vengono portate in processione fino ai piloni a loro dedicati.
Accompagnati da Rita, Alessandra e Secondo, possiamo conoscere dai loro racconti, non solo i momenti salienti dell’attuale vita sociale, ma pure i fatti tragici che hanno contraddistinto anche questo angolo di mondo durante il secondo conflitto mondiale a causa della repressione nazifascista.
Zaino in spalla, c’incamminiamo nella bella stradina appena sotto la chiesa che divalla nel valloncello del Rio Ceresetto (nome derivante dai numerosi ciliegi selvatici presenti in zona e nome che anticamente era pure attribuito a Frise) incontrando dapprima il pilone dedicato a San Giovanni Battista presso il quale ogni anno viene organizzata una processione religiosa.
Poco più avanti c’imbattiamo in un gradevole stagno (pusou), alimentato da un ruscellante rigagnolo, in cui le rane hanno già provveduto a depositare migliaia di uova protette nella loro massa gelatinosa. La spiegazione del perché di questo stagno in zona non prossima ad alcuna borgata deriva dal fatto che qui, prima dell’avvento delle fibre sintetiche, veniva coltivata la canapa la quale doveva essere tenuta in acqua a macerare per poterne estrarre le fibre.
Procedendo giungiamo alla la borgata Daniel (derivante da un nome di famiglia) con un unico abitante dedito all’allevamento di una piccola mandria e alla produzione di formaggi).
Nel punto più basso del nostro percorso troviamo la borgata Figliere o Figlieri (1197m) il cui toponimo è probabilmente collegato all’attività di filatura che un tempo qui si svolgeva. Ammiriamo una bella fontana, un lavatoio e un forno comunitario. In una viuzza laterale, scopriamo un affresco, datato 1787, raffigurante la Madonna attorniata da Sant’Anna e San Magno. Curiosità: sotto un porticato, ben rimessato, un carretto a traino animale (comunemente chiamato cartun, biroccio, barucin, tumbarel) con tanto di freno a mano e targa di circolazione.
Ora dobbiamo risalire verso la diroccata borgata Mondin e imbocchiamo una ripida scorciatoia appena usciti da Figliere (è però possibile evitare questo tratto ripido tornando un po’ indietro per entrare subito nella stradella verso Mondin).
Il percorso continua attraverso il bosco tra una fioritura di crochi e primule fino al compluvio del valloncello ove un tornante inverte la direzione verso Est sfiorando i resti di quel che era la borgata Mondin, ora colonizzata dal bosco.
Con altri due tornanti la stradina sbocca sull’asfalto presso la borgata Menardi (il nome, come nel caso della precedente borgata Mondin, deriva da un nome di famiglia), dotata di forno comunitario, ma dall’aspetto semiabbandonato.
Procediamo fino al successivo bivio, buon punto panoramico verso Frise e il fondovalle Grana, in prossimità della borgata Crosasso (parleremo dell’etimologia del nome Crousas più avanti, assieme a Sarasin).
Abbandoniamo la strada asfaltata dirigendoci sulla sterrata verso Ovest e al primo bivio teniamo la destra (segnavia Boli, Monte Ribé) giungendo in breve al Coulet o Colletto di Costa Boli (1440m), punto più elevato di oggi con maestosa vista sulle cime divisorie tra la Valle Grana e la Valle Stura, capeggiate dai monti Grum e Bram e dalle Rocche Pergo, Piccola e Grossa, Radevil, Beccas del Mezzodì, Alpe di Rittana e Rocca Stella, nonché sulla dorsale della sinistra idrografica della Valle Grana con i monti Cauri e Chialmo, la Rocca Cernauda e la Punta Tempesta, aldilà dei quali c’è la Valle Maira.
Scendiamo e con una scorciatoia sui prati ancora innevati intercettiamo la strada poderale per la borgata Sarasin affiancata da frassini egregiamente tenuti. Infatti a tali piante viene applicata un’a sapiente e costante potatura che permette di avere un tronco alto e dritto utile per ricavare legname da opera e per mobili e manufatti, cui il legno di questa preziosa essenza si presta particolarmente per la robustezza e l’elasticità. La potatura fatta nel dovuto modo permette inoltre lo sviluppo di rami laterali e la loro successiva capitozzatura per utilizzare il fogliame sia verde che secco quale gradito alimento per il bestiame.
Giungiamo così alla borgata Sarasin dove troviamo ad accoglierci, presso la loro bellissima e confortevole baita, l’amico Secondo con la consorte Ida intenti agli ultimi ritocchi per la cottura della polenta.
Salutiamo anche Angelo, che,impossibilitato per la camminata, ci ha raggiunto qui e quindi tutti a tavola in allegria per degustare le prelibatezze preparateci.
Al termine completiamo la visita alla borgata Sarasin ammirando l’affresco datato 1809 raffigurante la Madonna e gli angeli, di cui due con la faccia nera che qualcuno collega come riferimento all’invasione della vallata da parte dei saraceni.
E qui occorre dire qualcosa sull’etimologia delle borgate Crosasso (Crousas) e Sarasin che, secondo la leggenda, pare abbiano il significato derivante rispettivamente dai crociati e dai saraceni, con quest’ultimi sconfitti da una legione di crociati provenienti dalla Provenza. Alcuni studiosi considerano invece tale interpretazione una fake news ‘ante litteram’. Saranno quindi necessari ulteriori approfondimenti, anche se in fondo ci piace di più credere ai riferimenti della leggenda che danno un tono epico alle due magnifiche borgate di questa terra.
Continuando la visita alla borgata Sarasin, sicuramente una delle più popolate e attive per la produzione di latte da destinare alla caseificazione del Castelmagno DOP, notiamo la bella fontana, il forno e l’allevamento delle galline intente a razzolare all’aperto, comunque sempre all’erta per la paura dei rapaci.
Mentre scendiamo verso Frise siamo ancora accompagnati dagli svettanti frassini, alti 20 metri e più, che vengono potati arrampicandosi su. Ma ne vale la pena. Non per niente il frassino è considerato simbolicamente “Albero del Mondo”.
Raggiungiamo così l’ultima borgata, Comba, così denominata per la sua posizione lievemente incassata e proseguiamo soffermandoci presso il pilone, meta della processione nella ricorrenza del patrone San Bartolomeo, e raggiungiamo infine Frise andando così a chiudere il nostro interessante e bellissimo anello.
Commenta con Wordpress