“Il nostro viaggio non è proprio di quelli canonici e l’intenzione di seguire l’Appia Antica prevarrà sempre sulla comodità della strada da percorrere; probabilmente faremo qualche sterrato, dei tratti di basolato”.
Il tracciato parte da un cippo utilizzato come rotatoria…Usciti dal paese, la strada asfaltata devia verso Velletri, ma quella antica va dritto per dritto e noi la seguiamo: un bellissimo tratto di basolato in discesa ci allontana dalla civiltà, proseguiamo e l’asfalto lascia il posto allo sterrato, lo sterrato lo lascia ad una strada totalmente sconnessa e piena di brecciolino; anche nel bel mezzo del nulla, la toponomastica non demorde e prosegue imperterrita la segnaletica verticale “via Appia Antica”.
La strada sconnessa si riempie di vegetazione fino a diventare un prato incolto e, di fronte a rovi e cespugli, siamo costretti a bloccarci. In realtà secondo la mappa dovremmo andare avanti… e ha ragione! Superiamo gli ostacoli scendendo dalle biciclette, poi costeggiamo un piccolo campo arato, un praticello e scavalchiamo un muretto, per uscire da una proprietà privata nella quale non è bene chiaro quando siamo entrati (il tutto nell’arco di non più di una ventina di metri) e ritroviamo la strada sterrata.
L’intero tracciato fino alla Statale 7 continuerà tra meravigliosi tratti di basolato e prati, compreso un piccolo guado per il quale siamo di nuovo costretti a scendere dalle biciclette. Un secondo fosso lo superiamo grazie ad un ponticello di legno poco promettente…
Superiamo un cancelletto e costeggiamo una vigna su di un piccolo sentiero ben battuto e di nuovo ci appare davanti un meraviglioso tratto di basolato perfettamente conservato!
È emozionante, stiamo percorrendo esattamente l’antico tracciato e ogni tanto, quando sembra che ci siamo proprio persi, la storia riaffiora per rincuorarci con dei bellissimi reperti. Questo percorso ‘sui generis’, che scopriremo essere la normalità del viaggio, dura circa fino al XV chilometro da Genzano; ci abbiamo impiegato quasi due ore, ma ne è veramente valsa la pena.
Ripresa la Statale 7 cominciamo a confrontarci con la “fettuccia” che porta a Terracina, il rettifilo più lungo d’Italia e alberato ai lati con pini marittimi.
La strada è indubbiamente molto bella ed oggi neppure molto trafficata, ma la velocità spropositata con cui viene percorsa, il rumore e l’immensità dei camion che ci superano la rendono un tracciato decisamente poco piacevole e per niente tranquillo. Per questo deviamo verso i campi coltivati sulla destra e ritorna la calma; le strade sono tutte asfaltate e completamente deserte. Facciamo un ultimo tratto di strada sterrata e con vegetazione, prima di immetterci inevitabilmente sulla fettuccia, ma per fortuna la abbandoniamo presto per andare verso Pontalto.
Il percorso che ci aspetta è surreale: mausolei, monumenti e piccoli resti affiorano nei giardini delle ville che si affacciano lungo la strada e, sul ciglio sinistro, l’asfalto lascia il posto al basolato che emerge con continuità e che ancora ci accompagna.
Sulla destra, il muro di cinta è in realtà un antico acquedotto totalmente compromesso dall’abitato.
Ci verrà detto più tardi che non è antico e che non è mai entrato in funzione per errori di pendenza, ma quei pali metallici di sostegno alle reti degli adiacenti campetti di calcio, conficcati perfettamente in asse all’interno della copertura del canale, fanno male ugualmente!
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