La valle del fiume Leutasch

Chi sono i veri mappatori? I fiumi. Quando ancora non c’era nessuno che poteva riconoscere il proprio volto negli stagni e il mondo non aveva nessun doppio nella coscienza degli uomini, c’erano però i corsi d’acqua che scendevano nei luoghi più impervi, aprendo vie, dilatando interstizi, indicando il passo per meglio scendere a valle. L’opera dei fiumi è costante da milioni di anni e le civiltà dipendono dallo scorrere delle acque. I primi insediamenti, i trasporti, i commerci… tutto realizzato insieme all’acqua, al suo fianco, con la sua benedizione. Il Passo del Brennero, per esempio, questo antichissimo luogo di passaggio per uomini di tutte le epoche, lo hanno segnato il fiume Sill da parte nord e l’Isarco a sud. Solo milioni di anni dopo arrivarono i Reti e dunque i Romani, e non fecero altro che segnare la via già aperta da questi esploratori esperti. Nessuno si è mai sognato di iniziare un’attività umana dove non passasse un corso d’acqua, nessuno ha mai osato allontanarsi dalle rive per compiere lunghi viaggi. Il camminatore non occasionale, colui che, come stiamo facendo noi, deve arrivare migliaia di chilometri più in là e oltrepassare catene montuose, deve infine arrendersi all’evidenza più ovvia che ci sia: il cammino è sempre accanto ad un fiume, accompagnato dallo scorrere placido o rumoroso delle sue acque. Quando ce li siamo messi di traverso, come nella Valle del Po, si sono arrabbiati e abbiamo sentito chiaramente la loro voce autoritaria. Per non parlare di quando abbiamo osato valicare montagne lontano dai loro suggerimenti: stancanti salite, altissime forcelle, ripidi ghiaioni da scendere e desolazione tutto attorno. Se invece si procede a braccetto con loro tutto va bene, i dislivelli sono lievi, il passo è costante e veloce, al massimo devi svoltare insieme alle loro capricciose anse, ma poi arrivi lontano e sempre al sicuro.

Ecco un elenco dei fiumi più importanti che abbiamo seguito fino ad ora: il Tevere, il Tescio, il Chiascio, il Metauro, il Sile, il Piave, il Gail, la Drava, il Rienza, l’Isarco, il Sill, l’Inn e infine il Leutasch. Su quest’ultimo specialmente vorrei spendere due parole, sia perché mi dà l’occasione di parlare dei giorni di viaggio appena passati sia perché il paesaggio che attraversa è davvero eccezionale. Il Leutasch scorre in una strettissima valle che va da ovest a est. Ai lati, come sacerdoti vestiti di roccia, ha montagne alte 2400 metri, che si sporgono a precipizio e che ti guardano con curioso mutismo. Noi siamo entrati in questo regno in un giorno di pioggia fine, alternata a sprazzi di sereno. Ogni tanto le montagne sparivano, ogni tanto vedevamo scivolare le nuvole verso l’alto dei loro pendii. In cima ghiacciai e chiazze di neve perenne. Accanto a noi il rumoroso ma rassicurante Leutasch, padrone di casa. Dopo ore di cammino ci siamo fermati nei pressi di una costruzione di legno circondata da un ciuffo di alberi. Grazie a loro non subivamo la pioggia e abbiamo consumato silenziosamente il nostro pasto. Ad un tratto Marina ha detto: “Fuori piove ancora”. Ma noi eravamo già fuori. Sotto gli alberi, ma già fuori. Casa è dove ti senti protetto.

Infine il Leutasch diventa un torrente, un rivolo, molti rivoli… e si può assistere alla sua nascita. Poi non c’è più nemmeno il rumore dell’acqua, che ti ha accompagnato per ore, ma solo nebbia ed un laghetto fermo nel tempo, gravido di atmosfere astratte. Qui i sacerdoti che vegliano sul luogo non sono più le montagne, ma alcuni abeti prospicienti le rive. Ci siamo fermati ad osservare quello che il mondo non è più, quello che ha smesso di essere, tutto quello che è uscito dalla mera esistenza terrena e si è radunato lassù. E anche una parte di noi rimarrà per sempre in quel posto, rapita.

La valle del fiume Leutasch

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