Questo percorso ci è stato gentilmente concesso da Albano Marcarini, urbanista, cartografo, viaggiatore a piedi e in bicicletta. Appassionato compilatore di guide di viaggio, si è dedicato fin dalla più tenera età all’esplorazione geografica (cit. dal sito dell’autore). Marcarini fa parte della giuria del concorso per la migliore ammappatura e ha dato ad Ammappa l’Italia la disponibilità a pubblicare alcuni percorsi presi dal suo sito: www.sentieridautore.it.
Nel bosco degli ulivi
Salento, capolinea della Puglia, estremo orientale della penisola. Da Maglie a Otranto si attraversa un bosco. È un bosco umanizzato. Intendiamoci, niente gnomi e folletti. Sono migliaia e migliaia di alberi da frutto, utili all’uomo. Insomma, a farla breve, si attraversa un uliveto talmente denso e folto da apparire un solo grande bosco.
È un paesaggio che fortunatamente muta poco nel tempo e che bisogna conservare per la sua bellezza e utilità. Spesso gli ulivi sono carichi di anni, oltre che di frutti, e gli impianti più antichi si riconoscono per una distribuzione casuale rispetto a quella più ordinata, a ‘sesto regolare’, delle piantagioni recenti.
Il sottobosco, in primavera, è un tappeto verde da cui spuntano milioni di fiori bianchi. È il momento migliore per un’escursione in bicicletta. Il percorso è tortuoso, tante sono le alternative possibili. La traccia, che potete scaricare sul web, non sarà retta, ma capricciosa perché alla bellezza del paesaggio deve aggiunge altri tesori, come menhir e dolmen, incredibilmente numerosi da queste parti, e sontuose ‘piazze di paese’, scandite da scenografie barocche. Se poi vi smarrirete, poco male. L’importante è restare sulle stradelle dei campi, tutte asfaltate. Ciò che perderete da una parte guadagnerete dall’altra, tanta è l’abbondanza delle cose da vedere.
Si parte da Maglie e già su questa cittadina si dovrebbe dir molto: sulle piazze, le chiese e i palazzi. Contentatevi di girarla e ammirarla in bici, venendo dalla stazione, e poi uscite lungo la strada per Muro Leccese. È il solo tratto che richiede prudenza per via del traffico: non ci sono alternative.
Km 5 – A Muro fermatevi in piazza. Una sosta per ammirare gli altari e le tele settecentesche della parrocchiale dell’Annunziata, per apprezzare il Palazzo del Principe, nelle cui fondamenta sono visibili i resti della Muro medievale, e per dare uno sguardo anche all’altra chiesa, dell’Immacolata, con la sua facciata rococò.
Dalla Piazza del Popolo di Muro si esce lungo Via Piave e Via Vittorio Veneto seguendo le indicazioni per la Tenuta S.Andrea.
Km 6.2 – Di fronte alla provinciale 363 si piega a sinistra e la si sottopassa per proseguire poi a destra, lasciando le indicazioni per S.Andrea.
Km 6.6 – Tornati fra gli ulivi, di fronte a una biforcazione si tiene a destra, imboccando un lungo rettilo fra muri a secco.
Km 7.7 – Proseguendo nella direzione principale, si lascia sulla sinistra un menhir e si affianca la Masseria Pulisano.
Km 8.7 – Si sbocca sulla S.P. 235 che si segue verso sinistra seguendo più avanti le indicazioni, a destra, per la Grotta di S. Giovanni che si raggiunge in cima a una breve rampa. Il luogo si popola la notte del 24 giugno, ricorrenza del santo, per una festa di remota discendenza pagana. I giovani si disperdono nei prati, sotto gli ulivi, per rotolarsi a terra e bagnarsi di rugiada, gesto ritenuto propizio all’innamoramento. Un tempo le ragazze se ne bagnavano il sesso per favorire la fertilità. La messa si celebra ancora oggi, dentro la spelonca, con il rito greco-bizantino. Si passa dinanzi al parcheggio del ristorante Il Follaro e si riprende la strada asfaltata.
Km 10 – Si abbandona la strada principale che piega a sinistra e si prosegue su uno stradello che, poco dopo, piega a destra.
Km 10.6 – Da destra confluisce un’altra strada: si prosegue diritto. Poche decine di metri oltre, sulla destra, entrando nell’uliveto si raggiunge un gruppo di grosse pietre emergenti dal suolo e configurate in modo fantasioso, magico. Una di questa, in equilibrio su uno stretto basamento, è detta il ‘Furticiddhu te la vecchia’, il Masso della Vecchia. Gli storici locali lo hanno avvicinato a fatti mitologici. Si narra che Ercole, giunto nella Japigia – l’antico nome del Salento – fu sfidato a sollevare una pietra fino ad allora impossibile da smuovere. L’eroe non solo la tenne fra le mani ma se la gettò alle spalle posandola sul terreno in modo che solo toccandola con un dito chiunque l’avrebbe potuta spostare.
Km 11.4 – Incrocio con la provinciale 59, che si attraversa proseguendo nella medesima direzione.
Km 12.5 – Si avvicina la bella Masseria Quattro Macine che si aggira continuando sulla strada campestre. Più avanti, una diramazione a sinistra, su strada sterrata, manda al dolmen Stabile (il cartello è posizionato nella direzione contraria al nostro senso di marcia). Sul suo lastrone orizzontale si notano delle incisioni e delle pozzette con canaline di scolo. Poteva essere un altare, e altri massi nelle vicinanze, variamente orientati a seguire i moti astrali, fanno addirittura supporre una ‘Stonehenge’ italiana.
Km 14 – Si torna sulla strada principale e seguendo le indicazioni (in senso contrario) che portano al dolmen, si avvicinano altri menhir. Lungo la via si vedono masserie, specchie e pagghiari: le specchie sono cumuli di pietre tolte dai campi; i pagghiari sono solide costruzioni in pietra, troncoconiche, sparse fra gli ulivi in funzione di riparo per le famiglie contadine che dimoravano in campagna durante la stagione del raccolto. Sono i capisaldi di questo incredibile paesaggio alberato dove perdersi è facile perché i suoi elementi – l’ulivo, il mandorlo, il muro, il riparo e la piccola aia, la strada e il suo crocicchio – si ripetono all’infinito senza speciali differenze. Da questo punto di vista i menhir fanno la funzione di cartelli stradali; se ne trovano a ogni angolo di strada. Poco prima di Giurdignano se ne incontrano in un paio di chilometri almeno quattro o cinque; alcuni superano i tre metri d’altezza. È il Giardino Megalitico.
Km 15.6 – Giurdignano. Nel paese si può visitare la cripta di S. Salvatore, raro ed elaborato esempio di architettura monastica di discendenza greca (XI sec.) e unire questa visita a quella del cosiddetto ‘Trappitu de li Duca’, un frantoio scavato nella roccia, altro elemento centrale del paesaggio e dell’attività agricola tradizionale. Dalla piazza monumentale si esce per Via S. Maria del Rosario.
L’ultima parte dell’itinerario è più lineare e punta verso Otranto (km 22.5), discendendo il lieve gradino costiero segnato dal solco del Canale Carlo Magno. Il lungomare e il celebre mosaico della Cattedrale, con la narrazione figurata del credo religioso medievale, possono degnamente chiudere l’escursione. Poi potrete recarvi alla stazione, il singolare edificio ‘di testa’ che, nel 1872, aveva unito, con una sola via ferrata passante per l’intera penisola, il Moncenisio allo scalo marittimo idruntino, quello della celeberrima Valigia delle Indie.
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