L’antica Via del Vero Amore: dal borgo dei boscaioli al borgo dei pescatori
INTRODUZIONE
Un percorso dall’alto valore contemplativo e rigenerativo in quanto attraversiamo un tempio naturale, un luminoso giardino di tronchi qual è la corolla di boschi che circondano a nord il Lago di Bracciano. In prevalenza costituite da faggi, queste foreste vetuste crescono a quote non usuali per questa essenza. La preziosità è stata riconosciuta a livello mondiale e una parte di esse è divenuto sito patrimonio dell’umanità UNESCO. Partiamo dal borgo nato nel tardo ‘500 per ospitare i taglialegna e, usciti dai boschi, ci dirigiamo verso il borgo lacustre- di origine medievale ma con presenze fin dal tempo degli etruschi- passando da un’ altipiano dove con un colpo d’occhio incantevole abbracciamo tutto il lago coi suoi tre paesi.
Infine percorriamo tutto il bel lungolago del borgo dei pescatori-ora fiorente cittadina residenziale/turistica – e similmente ai boschi, le tranquille acque lacustri ci inducono a sentimenti di riflessione e serenità.
Ci piace pensare che anticamente questa via fosse percorsa reciprocamente dagli abitanti di questi due borghi alla ricerca di legna e cibo, ma anche di relazioni amicali e amorose e, a contatto con la Natura profonda, di interrelazioni e armonia con tutti gli esseri viventi.
Come recita lo stemma di Oriolo : “In questo consiste il Vero Amore”. Che, per naturale estensione diventa; Amore per la Bellezza, Amore per la Natura, Amore per la Terra e la sua ricchezza di Vita.
DESCRIZIONE DEL PERCORSO
Il cammino inizia da Piazza Umberto I. Il lato settentrionale è dominato dal monumentale Palazzo Santacroce-Altieri che protegge dai venti freddi la parte più alta del paese, il cosiddetto “Poggio”, costituito da tre vie parallele.
ORIOLO E LA SUA URBANISTICA
L’urbanistica è ispirata dagli ideali umanistici del “principe illuminato” quale era Giorgio III Santacroce che fondò Oriolo nel 1562, per permettere ai “capannari” – tagliatori di boschi che venivano in gran parte dall’Umbria e dalla Toscana- di edificare case salubri e coltivare le terre seguendo lo schema di un borgo felice. ” Che queste habbino almeno due parti in cui si possano aprire le finestre per poter sentire il sole e li venti che la purgano..”.
Strade larghe riparate dai venti, giardini sul retro delle case, diritti civici che agevolano il benessere degli abitanti; tutto per governare il proprio feudo con saggezza equilibrio e autonomia.
Le mura castellane si aprono verso est, scendiamo le scalette che le attraversano e passata la trafficata Via Claudia, ci dirigiamo verso la Chiesa- volutamente edificata fuori le mura per separare il potere civile dal potere ecclesiastico. Prendiamo la strada a sinistra della chiesa, Via Borgo Garibaldi; questa zona del paese è conosciuta semplicemente come “Borgo”; probabilmente le prime case dei boscaioli vennero edificate qui, nella parte bassa del paese.
La strada, caratterizzata da case basse a schiera, è significamente orientata a nord-est in modo da mirare perfettamente Monte Raschio e la Faggeta. La percorriamo tutta, notando a mezza via, una appariscente grande volto di donna raffigurato su una grande vetrata di una casa; casa il cui numero civico contiene un otto, che, come ci racconta un membro del nostro gruppo -esperta sinologa- è un numero fortunato secondo la tradizione cinese. Lo prendiamo come un buon segno per proseguire.
Andando avanti attraversiamo anche la piccola Piazza Garibaldi e proseguiamo dritti; ora la strada scende, le case si diradano, la campagna prende il sopravvento. In cinque minuti siamo in località “Ponte”, un ampia radura in pendenza, anticamente usata per l’imposto del legname e ora usata in parte a pascolo e in parte come parcheggio.
Siamo alle porte della Faggeta, prendiamo la strada sterrata a destra, in salita, indicata anche dai cartelli della sentieristica CAI come sentiero 260 direzione Trevignano. Fatti circa 350m troviamo sx delle scalette in legno che ci introducono nell’area di sosta della Cerrattina- un bel fontanile con acqua potabile e tavoli- un bosco di Quercus cerri che aiutano a mantenere il microclima indispensabile alla Faggeta.
LA FAGGETA DI ORIOLO
Dal cartello posto in cima a Monte Raschio (542m)- sito UNESCO dal 7 luglio 2017- in occasione del riconoscimento a patrimonio mondiale dell’umanità di alcune delle foreste di faggio europee: “Monte Raschio è uno dei siti residui in ambiente mediterraneo da cui il faggio europeo si è diffuso dopo l’ultima era glaciale: un processo millenario tuttora in corso. Questa faggeta vetusta, con alberi maestosi di oltre 1m di diametro e 30 m di altezza, si estende per circa 80 ettari tra 400 e 550m s.l.m., a quote eccezionalmente basse rispetto alle faggete appenniniche. La sua presenza è resa possibile dal delicato equilibrio realizzato fra i fertili suoli vulcanici e l’umidità proveniente dal vicino lago di Bracciano e dal mar Tirreno e, grazie alla volontà di conservazione delle popolazioni locali.”
Le faggete attraversate dal nostro percorso, che a noi sembra un unica foresta, sono in realtà tre siti appartenenti a tre soggetti diversi: La Faggeta di Oriolo, dell’ente che gestisce le terre comuni, Università Agraria Oriolo Romano; la Faggeta di Monte Raschio, della Regione Lazio; la Faggeta di Monte Termine, dell’ Università Agraria Bassano Romano. Tutte ricadono nel territorio e nella tutela del Parco Naturale Regionale di Bracciano Martignano.
Come molti alberi anche il faggio era considerato il simbolo dell’Albero cosmico che unisce cielo terra e inferi e sostiene e nutre il cosmo.
In epoca romana sull’Esquilino un bosco sacro di faggi era dedicato a Juppiter Fagutalis, segno del grande potere evocativo di questa particolare essenza.
Proseguiamo superando il fontanile e attraversando la cerrattina; questo sentiero interno un tempo era conosciuto come “La strada degli asini”, in quanto per gli animali caricati con la soma era più difficile- sopratutto in caso di pioggia e fango- percorrere la ripida pendenza sullo stradone forestale parallelo.
Ma ecco, finita la salita, i primi faggi e a dx il Grande Cerro, che, come un custode, ci introduce alla parte del bosco dominata dai faggi. Il sentiero, ben battuto, cammina parallelo alla strada forestale, al di là della quale si intravedono i castagni della confinante Tenuta Odescalchi. Continuando non ci vuole molto a incrociare un altro stradone, che, perpendicolarmente al nostro sentiero, attraversa la faggeta, proprio davanti al cancello della tenuta.
I RAGAZZINI DEI BOSCHI
Fino agli anni 60/70 per i ragazzini del paese questa zona era una delle “aree di gioco” campestri, ma non solo gioco: a maggio venivano attirati da un grande albero di ciliege nella confinante tenuta; poi durante le vacanze estive raccoglievano i “Piccasorci”, ovvero i Pungitopo (Ruscus aculeatus L. ora specie protetta), per venderli e racimolare qualche soldo; attività che continuava a settembre /ottobre con la raccolta dei funghi, prevalentemente porcini, che venivano acquistati dai romani che raggiungevano Oriolo in treno.
Soldini preziosi per i ragazzi di quel tempo, quando non c’erano tante possibilità.
Ora andiamo a sx sulla strada sterrata- un incantevole viale tra i faggi- per circa 400 mt, percorsi i quali, a dx, all’altezza di un faggio con una freccia verde verniciata, vediamo un avvallamento- qui in futuro saranno messi i cartelli CAI- e di fronte a noi notiamo un sentiero che va in salita; è l’inizio del sentiero 260a CAI/ Faggeta Unesco di Monteraschio. Il sentiero che scende, invece, va in direzione di un antico fontanile, Fonte Petrella( 1,2 km): da qui passerà il futuro sentiero 260 CAI per Trevignano, ma in questo momento siamo in fase di lavori i corso.
Quindi oggi facciamo un percorso alternativo e prendiamo quello che sembra un terzo sentiero che costeggia lo stradone. Di fatto torniamo indietro di alcuni metri e poi iniziamo a scendere tra i faggi. Non c’è un vero sentiero ma sono percepibili le tracce più usate per scendere, più o meno in direzione est. La discesa è breve e continuando a percorrere per alcune centinaia di metri questo cuneo di faggeta, arriviamo ad uno spiazzo dove converge anche la strada forestale parallela alla tenuta. Di fronte a noi la recinzione di un’altra Tenuta, quella di Vicarello, e una strada, che ignoriamo.
In lontananza vediamo la Faggeta di Bassano con le cime di Poggio Stracciacappello e Monte Termine. Andiamo a sx, attraversando una castagneta appena tagliata; passiamo su una traccia creata dal passaggio dei bikers, camminando tra i classici arbusti che crescono dopo un taglio boschivo. Da notare, appena si gira, il cosiddetto Carpino ritorto- sulla nostra dx – un albero simbolo per chi frequenta questo bosco, albero che con la sua spettrale deformità si erge apotropaicamente a guardiano protettore di tutto il bosco.
Non ci vuole molto ad attraversare i 400mt di castagneta e camminare di nuovo in faggeta. Andiamo avanti tra i grigi e luminosi tronchi seguendo facilmente la traccia di sentiero per altri 600mt.
Ci troviamo ora all’imbocco di un fosso in un punto particolare del nostro percorso: sulla nostra dx la recinzione della tenuta di Vicarello, nel territorio di Bracciano; davanti il fosso che va in direzione di Fonte Vitabbia, in territorio di Bassano. Un punto dove convergono i confini di tre paesi e due province.
E qui che la nostra traccia si ricongiunge con il futuro sentiero Cai che arriverà da Fonte Petrella. Scendiamo nel fosso, intimo e suggestivo, con gli alberi a fare da tetto.
Secondo i periodi dell’anno può esserci presenza di acqua che però difficilmente disturba il cammino. Fatti pochi passi, sulla nostra sx, una roccia tufacea tagliata- forse dalle mani dell’uomo- conosciuta come “Il Trono”.
Proseguiamo seguendo sinuosamente la traccia obbligata fino ad arrivare ad una spalletta in un punto dove converge anche un’altro fosso.
Breve e ripida, ci inerpichiamo seguendo i segni del sentiero CAI che addolcisce la salita. Superata la spalletta ci troviamo ufficialmente nel bosco di Bassano.
LA FORESTA VETUSTA DI BASSANO ROMANO
La Faggeta di Monte Termine dista circa 4 km dal paese, e proprio da questa zona sorgono le prime acque di quello che più a valle- nell’evocativa Valle Nobile- diventerà il fiume Mignone. Molto frequentata l’area attrezzata di Stracciacappello, un piacevole rifugio tra i faggi, con tavoli, barbecue in muratura, e la Vecchia Fonte di Salvo e Igeo poco più in basso. Questi boschi sono popolati da molte specie di mammiferi, tra cui il gatto selvatico, l’istrice, la martora, il tasso, la volpe, il cinghiale; è probabile anche la ricomparsa del Lupo. È possibile vedere volteggiare rapaci come la poiana, e sentire di notte il verso dell’allocco e della civetta; di giorno il ticchettio del picchio verde sui tronchi e i tanti richiami di numerose altre specie di uccelli tipiche di questo habitat boschivo.
Ora andiamo a dx seguendo lo stradello formato dai tanti passaggi.
Lungo il sentiero notiamo un notevole esemplare di agrifoglio vicino a un maestoso faggio; una coppia che si distingue tra tutti gli altri alberi.
Poco dopo il sentiero si divide; prediamo la traccia a dx che scende un poco. È chiaro che seguire il percorso nel bosco con la traccia gps rende tutto più semplice.
Seguitiamo per circa 500 mt finché il sentiero finisce per immettersi sulla strada forestale principale. Si procede verso dx, direzione Trevignano. Dalla parte opposta si va in direzione Oriolo-Bassano, naturalmente. Camminiamo tranquillamente su questo asse forestale; poco più giù incrociamo una strada in salita che va a Poggio Stracciacappello, non ce ne curiamo e andiamo oltre. La nostra via ora scende larga e tortuosa e il tappeto di foglie secche in terra, con le varie sfumature di marrone virato in arancio, ci ricorda i colori di un film appena visto: ” La ruota delle Meraviglie”.E meravigliosamente, in fondo, troviamo Fonte Chiappino, un delizioso piccolo fontanile in uno slargo tra gli alberi. Questa fonte ospita in alcuni periodi dell’anno i tritoni punteggiati, piccoli anfibi che vivono parte del loro ciclo biologico in acqua, come spiega bene il cartello esplicativo vicino.
Proseguiamo sulla strada; con gli alberi spogli la vista spazia dai casali sotto di noi al lago e, andando avanti, vediamo in lontananza anche Trevignano e il monte che lo domina: Rocca Romana. Cerri, castagni e aceri ora prevalgono in questo tratto di bosco, piacevole da attraversare anche in estate per cercare un po’ di refrigerio. Oggi, non richiesta, ci rinfresca la pioggia, che ora cade leggera e ci costringe a coprirci. Lungo il cammino notiamo una poiana posata su un ramo alto sopra di noi; ci osserva curiosa e poi vola via.
All’altezza di uno slargo incrociamo il ripido e panoramico sentiero che scende da Poggio Stracciacappello e più avanti i ruderi di una piccola casa in pietra la cui antica funzione non ci è chiara.
Infine eccoci alla sbarra che chiude la strada nel bosco per precludere il transito ai mezzi a motore; lasciamo la foresta alle nostre spalle e andiamo avanti per circa 600mt sulla strada che serve anche aziende e case di campagna.
Troviamo uno dei pochi cartelli rimasti della “Ciclovia dei Boschi”; secondo il cartello potremmo arrivare a Trevignano proseguendo sulla bella strada sterrata, ma noi preferiamo seguire le indicazioni per Vicarello e prendiamo la più stretta e sconnessa sterrata che scende a dx: Via Bassano di Sutri. Scendendo costeggiamo una fattoria con dei cavalli; nel frattempo cessa anche la pioggia, il sole squarcia le nuvole e le foglie in terra brillano, mentre scendiamo ormai sicuri verso il lago.
Le piogge copiose dei giorni scorsi rendono la strada fangosa, ma siamo ben attrezzati e non ci crea particolari problemi. Poco più avanti la stradina diventa di fatto un corridoio tra le due recinzioni della Tenuta di Vicarello, che la via attraversa.
Se non curato, questo sentiero tende a chiudersi con la vigorosa vegetazione spontanea che esplode soprattutto in primavera. La nostra vista ora si apre su un altipiano con sinuosi prati verdi, decorati da alberi solitari e come sfondo, sulla destra, poggi boscosi. Sopra di noi, nel cielo ora azzurro, galleggiano grandi cumuli bianchi e grigi, tipiche nuvole da tempo variabile.
Un vento teso che viene dal lago ci accoglie mentre ci dirigiamo verso la piccola altura davanti a noi, dove svettano un gruppo di grandi verdi alberi -Cedri del libano- e dove abbiamo deciso di fare una pausa. Qui la veduta ci riempie gli occhi: il tondo del lago sotto di noi- le cui acque un po’ mosse dal vento sbriluccicano – vicinissimo, a sinistra Monte Rocca Romana, con Trevignano adagiato ai suoi piedi e le case del borgo che lambiscono il lago. A destra, arroccato in alto, Bracciano e il suo castello, dietro, in fondo, Anguillara. Sono quattro ore che camminiamo e davanti a questa vista decidiamo di fare una pausa, solo una manciata di minuti, il vento tagliente non ci permette di farla più lunga. Proseguiamo così sul sentiero che ora scende decisamente, scendendo incrociamo una signora a spasso con il suo cane, segno che ci stiamo avvicinando alla zona residenziale, ma dobbiamo superare il tratto più fangoso del percorso prima di raggiungerla. Infine ecco la prima casa, il cemento prende il posto della sterrata e presto si trasforma in asfalto. La strada scende sinuosa e costeggiamo orti e uliveti, case di campagna e ville; passiamo davanti al bel b&b “Poggio degli Ulivi” e a cavalli paciosi che pascolano in vari poderi, sempre con il lago negli occhi. Sulla dx, in lontananza, notiamo i grandi edifici del borgo di Vicarello.
Il BORGO DI VICARELLO E LE TERME ROMANE
Sito di notevole interesse storico, conosciuto per le sue acque termali sin dall’antichità; dagli etruschi prima, e poi dai romani, che vi edificarono degli edifici termali: le Aquae Apollinares, i cui resti sono ancora visibili all’interno della tenuta poco più a monte dei sei-settecenteschi edifici del borgo. È probabile che il sito abbia avuto anche una vocazione agricola fin dai tempi antichi. Alcuni ritengono che il nome derivi da Vicus Aurelii, dal nome del presunto prestigioso proprietario, Marco Aurelio.
Gli archeologi ci parlano anche di una grandiosa villa romana- sui suoi resti fu edificato un casino di caccia, intorno al XVI sec. -e di una fila di arcate dell’acquedotto di Traiano.
In seguito divenne territorio del Collegio Germanico Ungarico, che oltre a sviluppare l’azienda con un ampio uliveto, costruì uno stabilimento termale che occupava parte dei grandi edifici che vediamo in lontananza, attraversati ora dalla strada provinciale che gira intorno al lago. Cambiata nel tempo la proprietà, ora le terme sono in disuso, ma la fattoria è ancora dedita alle attività di gestione dei boschi, dell’uliveto, di semina e di allevamento.
Eccoci arrivati in fondo alla via, ci troviamo ora sulla provinciale che gira intorno al lago. Andiamo a sx, rigorosamente in fila indiana sui bordi della strada- rispettando il C.d.S.- per circa 200 mt.
Ora, dall’altro lato, una Via con tanto di cartelli che ci indicano il lago. Attraversiamo e prendiamo la strada che si insinua tra le recenti villette fino ad arrivare in breve al lungolago.
Davanti a noi ora si apre la vista magnifica del lago, inusualmente mosso, illuminato da un sole che si fa spazio tra le nuvole grigie; la pioggerellina sottile portata dal vento teso rende tutto piacevolmente dinamico e vitale.
Con il lago alla nostra dx ci incamminiamo sul bel lungolago, veramente lungo, percorriamo quasi due km per arrivare al centro. Lungo la strada incontriamo windsurfisti in muta e scalzi, mentre altri in acqua approfittano del vento per disegnare sul lago i loro invisibili e personali sentieri.
In prossimità del loro circolo velico un palo con vari cartelli; un totem che centra nel mondo questo preciso punto informandoci della distanza da luoghi lontani ed evocativi. Camminando sul bordo non possiamo far a meno di notare quanto il lago si sia ritirato in questo ultimo periodo; una forte siccità e la captazione delle acque da parte della capitale ha prodotto questi preoccupanti risultati.
Il nostro sguardo abbraccia la conca lacustre e le località affacciate sulle sue acque: Bracciano, Vigna di Valle, Anguillara. La piacevolezza della passeggiata, famosa in tutto il circondario, è data dalla presenza di numerosi alberi e piante; le case e le parecchie attività- vocate ad un turismo estivo, ma non solo- sono discretamente affacciate sul lungolago senza essere invasive.
Sculture moderne e panchine per riposarsi e contemplare il panorama lacustre, completano la gradevolezza del luogo.
Siamo ormai in prossimità del centro, passiamo davanti allo “Chalet del lago”, chiosco storico -noto per il gelato- e poco più il là il pontile; dall’altra parte il Comune, il grazioso Museo, l’entrata al borgo antico -dove svetta il campanile della chiesa- e il ” Bar Ermete”, considerata una delle migliori pasticceri della zona.
Questa bella traversata di 16km si conclude entrando un po’ infangati nella mitica pasticceria e le dolci prelibatezze ci inteneriscono il cuore tanto da ispirarci il titolo di questa traversata. Ma è tempo di prendere il bus del Cotral che ci riporterà a casa. Un bus che si chiama desiderio perché lo attendiamo in vano, infreddolendoci e controllando l’orologio in continuazione.
Ma magicamente, come in una fiaba, il nostro autobus si trasforma in taxi – ci soccorre Fabrizio, un taxista che passa davanti alla fermata rientrando dal lavoro nella capitale- i viandanti si trasformano in principi e principesse e, come nelle migliori fiabe- in questo caso una favola d’amore per i luoghi attraversati- possiamo chiudere con la formula:
“…e tutti vissero felici e contenti”.
TREVIGNANO ROMANO
Adagiato sulla riva settentrionale del lago, il borgo medievale sorge nei pressi dell’antico abitato etrusco di Sabate. La vasta necropoli alle spalle del paese ha arricchito il Museo Civico di interessanti reperti, tra cui un grande flabello in bronzo cesellato a sbalzo con motivi geometrici e la sepoltura intatta di un guerriero del VIII Sec. a. c, con il corredo delle armi. Sede di numerose ville patrizie in epoca romana, per alcuni sembra che il cambio di nome in “Trebonianum” derivi dal nome di una famiglia patrizia -Gens Trebonia -proprietaria di una delle dimore.
Nel medioevo il feudo fu dominato dalla famiglia Di Vico a cui seguirono gli Orsini, che comprarono il feudo all’asta nel 1393 per 7000 Fiorini. Segno del loro dominio è l’edificazione della Rocca Orsini -su un punto alto e strategico- che però fu distrutta a fine ‘400 dall’esercito papale comandato da Giovanni Borgia. Seguirono, poi, i duchi del Grillo, i Torlonia, i Conti, la principessa del Drago. Ora è una fiorente cittadina turistica, sede di circoli velici, di numerose attività legate al turismo e del celebre piccolo e accogliente “Cinema Palma” attivo sin dal 1939 referente di tanto cinema di qualità e di importanti manifestazioni.
La pesca è da sempre un’importante fonte di sostentamento, e le varie specie ittiche lacustri – dal coregone al luccio, dal lattarino al persico reale- si possono trovare nei menù dei tanti ristoranti del posto.
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