Anello del Monte Gias Vei (o Monte Alivè)
Mappato da Antonio (Compagnia dell’Anello)
Il Monte Gias Vej o Monte Alivè, una delle tante cime secondarie della Valle Stura, versante Alpi Marittime, pur non raggiungendo quote eccelse (m 2420), possiede però una particolarità – come d’altra parte la vicina bifida Cima Gorgia Cagna – che la nobilita rispetto ad altre contigue vette anche di più marcate altitudini: è ben visibile dalla Città di Cuneo e da altre cittadine e paesi della pianura alle sue spalle, e questo particolare spicca soprattutto in inverno, con il suo candido mantello disteso uniformemente lungo tutto il suo ripidissimo versante sudorientale, mai punteggiato dall’affioramento di banchi rocciosi, pur presenti soprattutto nella parte alta, al di sotto della cresta sommitale. Per tale caratteristica, è una “classica” molto frequentata dagli amanti dello sci alpinismo, mentre nelle altre stagioni è abbastanza ignorata, anche e soprattutto per la difficoltà del percorso, molto ripido ed accidentato, e privo di una minima traccia di sentiero che ne attutisca l’impatto, sia in salita che in discesa (come vedremo).
L’itinerario, con possibile (ma difficoltoso) anello, prevede di raggiungere in automobile (previa autorizzazione rilasciata dal Comune di Aisone) i ruderi della Borgata Pinet m 1403 tramite una strada forestale che ha origine, a sinistra, dalla strada cosiddetta “Militare destra Stura”, alternativa alla SS del Colle della Maddalena, appena prima dei caseggiati del Centro Sci Nordico di Aisone (provenendo naturalmente da Cuneo – Demonte).
Detta strada, scorrevole perché asfaltata per i primi 2 km, diventa meno agevole mano a mano che si sale, ma, tutto sommato, a parte un breve tratto con pendenza notevole, risulta essere in buono stato di manutenzione, quindi percorribile con ogni tipo di automezzo.
L’escursione a piedi ha inizio proprio in corrispondenza dei ruderi della predetta borgata, percorrendo inizialmente la sterrata che prosegue inoltrandosi in una rigogliosa faggeta, poi sostituita da lariceto d’alta quota, con la presenza di qualche abete rosso, via via sempre più rado, fino a sfociare, ora su sentiero, nell’ampio Vallone della Valletta.
Una breve e concisa constatazione: la strada sterrata, che fino a qualche anno fa terminava subito dopo la loc. Pinet, è stata di recente prolungata, presumibilmente fino al confine con il territorio del Parco Naturale Alpi Marittime; non se ne intuisce l’utilità, se non quella di essere il classico pugno nell’occhio!
Raggiunto il Gias e Lago Sottano della Valletta a quota m 1907, nelle cui adiacenze è stato costruito il Casotto del Parco, l’itinerario prevede la lunga, ripida e malagevole salita del versante SSE del Monte Gias Vej: qui la comitiva si smembra, stante la diversità di vedute circa il percorso da seguire, in mancanza di tracce di sentiero; chi sale direttamente per la verticale verso il il Passo del Gias Vej m 2288 (Franco e Frank), e chi invece sale diagonalmente e più gradatamente in direzione N verso la cima, Angelo e Maria Teresa insieme, Adriano e Antonio per itinerari diversi e quindi personalizzati. A conti fatti, seppur con tutte le difficoltà già descritte, il percorso migliore risulterà essere quello scelto da Adriano, per il tramite del suo immancabile e prezioso GPS.
Raggiunto il facile crestone sommitale, il percorso risulta ora elementare, tranne per i due che sono andati al Passo del Gias Vej, i quali hanno dovuto affrontare il tratto iniziale della cresta abbastanza striminzita e con una discreta esposizione. Comunque, alla spicciolata, ci ritroviamo uniti in cima al Monte Gias Vej o Alivè m 2420, la quale offre un’ottima panoramica verso le vette circostanti, nonché degli inimitabili colori del foliage autunnale prodotti dalle sottostanti foreste dei vicini Valloni della Valletta (ad Est) e della Palla (ad Ovest).
Ora si tratta di decidere per il solito anello: qualcuno ricorda di essere salito direttamente dal Pinet lungo il versante e la cresta N una quindicina d’anni fa; ricordi (come sempre!) confusi, tranne per il fatto di aver tribolato parecchio. Quindi, come sempre si usa dire “dove si riesce a salire, si può anche scendere”, e allora via all’avventura, anche perché ci dà fiducia una traccia abbastanza ben evidente che discende lungo la cresta.
Troviamo un ampio prato sul versante NO, sufficientemente riparato dalla fastidiosa ed insistente brezza gelata, per concederci una breve sosta e pranzare.
Il proseguimento è poi abbastanza regolare fino al raggiungimento della seconda cima di giornata, la rocciosa Rocca del Dado m 2044, caratteristico balcone affacciato sulla sottostante Valle Stura; a questo punto, però, iniziano i guai, perché la china diventa ripidissima. Oltretutto, inoltrandosi nel lariceto, il terreno diventa ancor più insidioso, per la presenza di buche occultate dalla fitta vegetazione erbosa e arbustiva (rododendri e juniperus), ramaglie e pietre viscide, per cui il nostro procedere diventa quasi un calvario con la costante minaccia di un improvvido scivolone le cui conseguenze sono facilmente intuibili.
Fortuna vuole che la prudenza e, perché no, l’esperienza ci faccia pervenire sani e salvi nell’ultimo tratto di strada e fino alle mai come oggi tanto agognate automobili.
In definitiva, un sontuoso seppur malagevole anello, da sconsigliare però vivamente a chi non abbia una buona se non ottima esperienza su percorsi ripidissimi ed accidentati come questo.
Col senno di poi, per evitare il tratto più disagevole di discesa, dalla cima della Rocca del Dado, anziché tirare giù dritto per dritto, era opportuno tornare indietro di qualche passo e seguire le paline di confine del Parco sulla labile traccia che le accompagnava.
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