Itinerario lungo il Ticino in canoa/kayak di una giornata. Il tempo impiegato varia ovviamente in base alla portata del fiume. Il periodo migliore è la tarda primavera quando il fiume è gonfio delle piogge e delle nevi sciolte dell’inverno, evitando comunque le piene eccessive. Da evitare i periodi di magra, altrimenti più che navigare c’è da scarpinare. A questo proposito un discorso a parte andrebbe fatto per il mantenimento del flusso minimo vitale . Infatti il Ticino è regolato tramite le dighe di Porto della Torre e del Panperduto all’uscita dal Lago Maggiore. Essendo che l’acqua è diventata e sempre più lo sarà, un bene prezioso, questa viene contesa, tra i rivieraschi del lago e i risicoltori della bassa. Il risultato è che rischia di rimanere senza acqua la flora e la fauna del fiume.
Il percorso
Il luogo di partenza di questa escursione è situato in riva al Ticino dopo la prima grande ansa in cui il fiume ritorna verso nord come in un tentativo di riimmettersi nel Lago maggiore da dove è da poco uscito. La località si chiama Porto di Marano Ticino. Il luogo, ricorda nel toponimo la possibilità di approdo e l’antico guado . Alcune fonti riporterebbero addirittura la presenza di un ponte romano. Come testimoniato è luogo di passaggio dell’antica via che portava da Novara a Como , passando per il monastero al di là del fiume di Castelnovate. Più recentemente, vi era un ponte poi distrutto durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale , dopodiché vi è stato un imbarcadero collegato con una fune che trasportava a pagamento le genti da una sponda all’altra . Lì vicino in riva al fiume si può ora ammirare l’antica dogana sabauda ora residenza privata.
Il luogo permette il posteggio dell’eventuale auto e il facile accesso al fiume. Il percorso si snoda in un panorama selvaggio. Le zone in cui si intravvede la presenza antropica sono veramente poche e limitate alle immediate vicinanze dei ponti che attraversano il fiume . La navigabilità è abbastanza agevole in genere sono presenti rapide di secondo grado e quindi abbordabili anche da principianti.
Il Ticino, come tutti i fiumi prevede un buona dimestichezza con l’acqua . La possibilità di ribaltarsi è sempre presente, soprattutto per la presenza di rami e tronchi e ostacoli improvvisi. L’importante è mantenere la calma e raggiungere la riva. E’ ovviamente consigliabile non essere da soli e avere con sé l’attrezzatura minima di sicurezza. Per chi fosse abituato al lago o il mare, il fiume è abbastanza diverso, soprattutto perché bisogna anticipare i cambi di direzione, perché la corrente ci porta in un attimo contro l’ostacolo che vedevamo in lontananza. Il nostro apparato percettivo non ci permette di valutare la velocità in quanto percepiamo solo quella relativa all’acqua. In realtà l’acqua si muove ben veloce alle volte anche troppo. Solo osservando la riva ce ne accorgiamo o quando … siamo caduti in acqua !
Posso testimoniare dopo aver fatto questo giro innumerevoli volte in 15 anni , che è sempre diverso. Il fiume ad ogni piena cambia il proprio corso, per cui ogni volta va prestata attenzione e nei punti critici, merita un momento di sosta e verifica dalla riva per valutare il percorso più idoneo, soprattutto in prossimità dei ponti dove si creano rapide , mulinelli e la presenza di massi può creare situazioni spiacevoli.
Tutto è comunque superabile e affascinante. Personalmente ho iniziato a girare per il Ticino senza nessuna preparazione tecnica utilizzando una canoa a due posti gonfiabile. Ma ho visto scendere persone con gli attrezzi più improbabili.
Dopo la doverosa premessa entriamo nei dettagli de viaggio. Lasciato il porto di Marano, si incontrano diverse anse del fiume contornate da fitti boschi dopo un ora circa si arriva al ponte di ferro di Oleggio. Si tiene la destra . Dopo il ponte , lo spuntone alle volte sommerso “La Paladella” , permette la partenza del canale industriale , che va ad alimentare il naviglio grande e porta a Milano. Non percorribile.
Sempre sulla destra vi è una spiaggia d’estate molto affollata con la possibilità di un caffè al chiosco lì presente.
Dopo un’altra oretta, si arriva alla filarola che permette l’uscita del canale Langosco sulla destra. Poco prima c’è una spiaggia attrezzata con bar attiguo. Conviene fare sosta e valutare la situazione. Se c’è acqua, in genere non vi sono problemi perché la filarola è sommersa e al limiti si tratta di fare una salto in corrente diritta. Con poca acqua ho provato a vedere una scarpata di 5 mt di dislivello, con un rigagnolo che usciva ai piedi della diga. In queste condizioni, o anche se si vuole fare un giro alternativo , conviene prendere il Langosco. Il largo canale si immerge nella foresta con le liane che spesso toccano il pelo dell’acqua e gli alberi che fanno da soffitto della galleria. L’acqua veloce, ma silente grazie alle sponde diritte, vi porta in poco tempo allo sbarramento della centrale idroelettrica. Sbarcare a sinistra e bisogna portarsi a spalla il mezzo per un centinaio di metri. Ci si immette nel Treccione. Che con buona corrente si riimmette nel Ticino in prossimità del ponte di ferro di Turbigo.
Se non avete preso il Langosco, ne giro di una mezz’ora vi troverete comunque nei pressi del ponte di Turbigo, dopo aver costeggiato qualche isola di ciottoli che il fiume crea ogni anno con forme diverse.
Anche questo ponte in genere non crea problemi è un altro posto molto frequentato in estate. In genere è comunque preferibile tenere le campate di destra. Il Ticino continua in un unico braccio sino ad arrivare ai ponti affiancati di Magenta. Qui conviene prendere il canale che diparte parallelo sulla destra e che formando un by-pass porta dopo un chilometro nell’alveo del fiume. Si possono fare anche le arcate, ma bisogna verificare bene le condizioni.
Dopo un po’ il Ticino inizia a dividersi in braccia di fiume che si intrecciano, si fondono e si dividono ogni volta in modo diverso e in base alla portata d’acqua. E’ divertente cercare di prendere quello più veloce, ma molte volte si scopre che quello che all’apparenza ha più portata poi si riduce a scapito di altri. Soprattutto se si è più imbarcazioni diviene un gioco e una sfida che spesso finisce con gavettoni e gente a mollo.
Purtroppo comincerete a vedere della schiuma sulla superficie ed è dovuto all’entrata dello scolmatore dell’Olona. Il canale dovrebbe portare le acque putride soprattutto in caso di piena, ma di fatto lo fa costantemente portando ad un peggioramento visibile della qualità delle acque.
Al successivo ponte quello di Abbiategrasso in genere conviene tenere la prima campata di destra. Una sosta prima del ponte per un sopralluogo conviene. Spesso le luci delle arcate possono esse ostruite da tronchi e massi.
Mi ricordo ancora la prima volta che ho attraversato il ponte . Un sinistro rumore di cascata aumentava di volume al nostro avvicinarsi ed essendo noi a 50 cm dalla superficie, la visuale era praticamente nulla , per cui mi ricordava molto i cartoni animati con paperino che precipitava in una immensa cascata senza fine. Il desiderio era di pagaiare indietro per allontanarci, ma la corrente inesorabile, ci portava al nostro destino. Per fortuna il salto non era più di un metro e dopo aver imbarcato la nostra dose d’acqua ci siamo fermati a ridere per la nostra impreparazione agli eventi .
Poco dopo in sponda sinistra si trova una lanca (profonda insenatura o braccio morto del fiume) dove è possibile attraccare e bere qualche cosa. Vi è anche una struttura ricettiva in cui si può dormire e mangiare:
Colonia Enrichetta http://milano.corriere.it/milano/sport-benessere/490_scheda.shtml?refresh_ce-cp
Ancora un paio d’ore di navigazione e si arriva nei pressi della lanca di Motta Visconti. Bisogna prestare attenzione, perché l’entrata non è sempre facilmente visibile sul lato sinistro , nascosta spesso da isolotti di ciottoli. Conviene chiedere ai pescatori che troverete sul tragitto che sapranno indicarvi, essendo il luogo dove tengono la propria imbarcazione .
La lanca molto profonda, presenta acqua quasi ferma e verso il fondo alcuni locali. In genere ci fermiamo nell’ultimo , dove è possibile ormeggiare e la signora della Trattoria San Rossore, permette di piazzare la tenda nel prato antistante il ristorante. Sappiate che le zanzare sono assicurate . Il menù in qualsiasi stagione è a base di polenta, selvaggina e affini. Prezzo modico e apprezzerete la morbida erbetta sotto la schiena dopo una giornata in cui le spalle hanno lavorato.
Il tragitto è abbastanza lungo circa 60 km per cui si arriva giusto per cena .
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