Tre percorsi tra Bassa Valsesia e Cusio, per affacciarsi sul Lago D’Orta
2°- Da Quarona e Cellio per il lago di S.Agostino
Bella tappa centrale (anche se e’ stata pubblicata per ultima) dell’itinerario, la quale permette di inoltrarsi nel cuore del sistema collinare attraversato per giungere al Lago D’Orta. In alcuni tratti si sovrappone all’itinerario denominato “Valli della Fede” per poter toccare un maggior numero di punti d’interesse. Di quest’ultimo articolato sentiero, che merita senz’altro di essere percorso nella sua intierezza se ne trova un’accurata descrizione su Wikipedia e risulta ben segnalato sul territorio.
Il percorso
Di Quarona si e’ gia’ parlato all’arrivo della tappa precedente. Lasciamo quindi alla scelta del viandante se fare o meno quattro passi in paese, alla ricerca di angoli suggestivi. Se invece “si parte” , occorre un po’ di attenzione per individuare la giusta direzione: il segnavia “624” non e’ facilmente individuabile. Consigliamo quindi di dirigersi verso nord, fino alla zona del campo sportivo, dopodiche’, intuitivamente, puntare alla stretta valletta che pianeggia alle spalle, percorsa da una stradina asfaltata: fuori dal paese si incontra sicuramente il nostro segnavia, proseguendo senza esitazione fino al termine dell’asfalto. Il viottolo termina con uno spiazzo in prossimita’ di una vecchia cava.
La cava dismessa (1). Evidente “ferita” sul fianco della montagna, una cava dismessa si presta, per chi e’ appassionato, a numerose osservazioni in merito a cio’ che gli esperti chiamano “successione ecologica”. Si tratta del processo naturale attraverso il quale un’area nella quale la “vita” e’ assente (come per esempio una cava), viene lentamente ricolonizzata: e’ un processo che avviene per tappe ben precise, la cui “lentezza” fa riflettere sulle modalita’ con le quali l’uomo “interviene” sugli equilibri naturali…
Un evidente sentiero sale ora nella boscaglia con scalinatura irregolare, costituita da grossi gradoni appena sbozzati ed in ambiente che si fa piu’ severo e selvaggio, costellato di grossi massi che celano delle risorgive: e’ la “Bunda Tuppa”, in un ripiano della quale si trova il lago di S..Agostino.
la “Bunda Tuppa”, il “Saas d’li Strii”, “L’Ava Corna” e il “Saas d’la Baceja”. Dunque nell’ordine “Valle Buia”, il “Sasso delle Streghe”, l’acqua “Corna”, acqua che sgorga dagl’Inferi, con riferimento alle corna del Diavolo, ed infine il Sasso del Bacile, sulla cui sommita’ si trovano alcune coppelle (che da queste parti sono spesso associate a sacrifici “druidici” e al sangue). La severita’ del luogo incute un certo timore, timore che e’ stato ben espresso dai nomi che si sono tramandati nei secoli…e che ci troviamo a confermare pienamente (soprattutto in presenza della bruma autunnale…)
Il lago di S.Agostino(2) e il castello di Arian. Neppure la presenza di questo specchio d’acqua spezza il sortilegio della “Bunda Tuppa”: lo aggiriamo con circospezione nella speranza di non fare cattivi incontri…In realta’ il lago e’ di grande importanza naturalistica: infatti il terzo plenilunio dell’anno diventa un sito riproduttivo per alcuni anfibi dell’ordine degli Anuri (quindi rane e rospi) che si radunano a migliaia per poi lasciare cordoni di uova da cui nasceranno i girini, che dopo la metamorfosi si disperderanno nell’ambiente circostante in attesa del prossimo plenilunio…
Infine sul crinale affacciato alla riva occidentale del lago si trovano, invisibili dal nostro punto di osservazione, i pochi ruderi del castello di Arian, la cui incerta origine si spinge fino al IV secolo, anche se studi piu’ plausibili ne collocano l’origine nel Tardo Medioevo: questi sono raggiungibili da un esposto sentiero che parte dalla cappella di S.Agostino, sentiero che non ci sentiamo di consigliare per la presenza di tratti assai pericolosi.
Oltrepassato lo specchio d’acqua si procede in piano fino ad intercettare la bella mulattiera che proviene da Roccapietra, in prossimita’ di un’area pic-nic e della cappella di Sant’Agostino (3). Si tratta di una delle antiche vie di comunicazione tra Varallo ed il Cusio: seguendola nella direzione della salita si perviene all’asfalto, dove in pochi minuti, sempre in salita si raggiunge l’abitato di Cavaglia Sterna (4), luogo ideale per la sosta pranzo. La tranquillita’ del luogo invita, panino alla mano, a “dare un’occhiata” in giro, scattando qualche foto.
Ma e’ tempo di rimettersi in marcia: a ritroso si supera la mulattiera proveniente da Sant’Agostino fino a imboccare la sterrata che scende a sinistra, all’altezza del bivio per Morondo di Breia. In breve ci si inoltra su evidente mulattiera, che con alcuni strappi dapprima supera una strada privata e poi guadagna nuovamente l’asfalto: e’ con un po’ di attenzione che si individua il sentiero, qualche metro a sinistra, per proseguire salendo nel bosco.
Per un lungo, bellissimo tratto si cammina tra boschi incantati e silenziosi casolari abbandonati (5), fino a raggiungere la Colla di S.Bernardo (857m slm) (6), che rappresenta la quota maggiore della camminata di oggi e dove, sulla strada asfaltata convergono un gran numero di piste e stradelli.
I “taragn” (5). Prima di giungere al San Bernardo avremo incontrato i resti di alcuni edifici rurali caratterizzati da tetti in lamiera assai spioventi: sono cio’ che resta dei vecchi “taragn”. La pendenza del tetto e’ dovuta al fatto che la copertura originale (che veniva rinnovata ogni anno) era costituita da fasci di paglia di segale, sapientemente collocata in modo da far scorrere velocemente l’acqua piovana ed impedire alla neve di accumularsi. Gli ultimi taragn abbastanza integri sono ancora osservabili a Sorzano, nel vicino Parco Naturale del Monte Fenera, custoditi fino a qualche anno fa da Enrico Viotti, che vi risiedeva.
Trascuriamo la strada e, piegando a sinistra, prima in piano e poi in discesa raggiungiamo Breia (7), dove e’ possibile ammirare alcuni pregevoli affreschi in esterno e qualche misteriosa scritta murale, in particolare presso la chiesa di San Giovanni Battista. Uno sguardo alla mappa ci permette di giungere all’ennesima chiesetta (S.Rocco, questa volta…), da cui si stacca il sentiero che, con qualche tratto malagevole, discende a Cellio, dove si conclude la tappa…
…ma naturalmente le chiesette non sono finite : appartato su di un dosso, a pochi metri dal sentiero che stiamo percorrendo si puo’ raggiungere un piccolo edificio…
“S.Jacu Pittu”, il minuscolo oratorio che custodisce pregevoli affreschi da’ il suo nome al “Maestro di S.Jacu Pittu”, con il quale si identifica un “misterioso pittore” attivo in zona nel XV secolo, e, supponiamo, autore dei succitati affreschi.
Scarica qui il pdf dettagliato della scheda tecnica
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