Giro delle “Laouziere” (Cave di ardesia)
Mappato da Adriano (Compagnia dell’Anello)
La montagna non è fatta solo di vette, cime o sommità e qualche volta vale la pena di non salire a tutti i costi sempre più in alto, ma di soffermarsi per comprendere e approfondire i fatti storici e culturali delle nostre vallate alpine. Il giro di oggi della Compagnia dell’Anello è rivolto principalmente a questo aspetto…
Siamo in Valle Grana e qui, grazie alle iniziative dell’Ecomuseo “Terre del Castelmagno” e dell’Associazione “La Cevitou”, abbiamo la possibilità di rivivere un passato, nemmeno troppo lontano, che ha caratterizzato un lembo di questa terra, ove gli abitanti hanno saputo valorizzare con intelligenza, e con tanto sacrificio e fatica, le ricchezze che questa poteva offrire. Le “lose” più pregiate del territorio arrivavano da qui.
Le “Laouziere” di San Pietro Monterosso è un sito di cave di ardesia che tra il XVII e il XX secolo hanno rappresentato un nucleo fondamentale nella vita lavorativa e sociale della Valle Grana. In oltre tre secoli diedero lavoro a intere famiglie e materiale per la costruzione delle strutture tradizionali dell’architettura alpina sud-occidentale.
La fine della loro attività arrivò nel 1984.
Da allora, silenziose, incidono il costone della montagna e conservano nei dintorni le tracce dell’attività estrattiva passata, come i binari e resti della teleferica che serviva per il trasporto del materiale a valle. Non lontano, attraverso un sentiero nel bosco, si arriva alle borgate in pietra, oggi per lo più abbandonate, un tempo abitate dai minatori delle cave. Le lastre di ardesia sono il mezzo attraverso cui l’uomo ha modellato il paesaggio: muri di contenimento e selciati che collegano le cave alla valle sono realizzati con gli scarti di produzione. La matrice paesaggistica è prettamente naturale: la natura, di anno in anno, sta lentamente riassorbendo l’intero complesso.
Dal 2007, l’Ecomuseo Terra del Castelmagno tutela e valorizza la “Terra” in cui nasce: la Valle Grana. Terra come paesaggio, superficie, territorio geografico lavorato dall’uomo ma anche come luogo caratterizzato da una cultura specifica, da stili e abitudini di vita, da una e tante comunità. (https://www.terradelcastelmagno.it/peire-que-preiquen/).
Salendo la Valle Grana, appena terminata l’erta verso il finire del paese di Monterosso Grana, svoltiamo a sinistra (indicazione Val Verde, San Pietro, Frise, Coumboscuro) giungendo dopo un chilometro alla parrocchiale di San Pietro (Sen Piè), nel cui piazzale parcheggiamo l’auto.
Zaino in spalla e partiamo trovando, a valle della chiesa, i cartelli con le chiare indicazioni che ci guideranno per l’intero percorso.
Salendo nel castagneto raggiungiamo la prima borgata, Combetta (1025m), abitata nel secolo scorso da una decina di famiglie di cavatori che presenta alcuni fabbricati diroccati, ma anche diverse abitazioni mantenute in ottimo stato.
Merita, da questa borgata, proseguire sul sentiero a destra che porta in pochi minuti al Pilone della Combetta, dedicato a Maria Ausiliatrice, privilegiato punto panoramico sulla Valle Grana e sul Vallone di San Pietro.
Tornati alla borgata proseguiamo su bella sterrata pianeggiante fino alla successiva borgata di cavatori, Fougirous (1015m), bell’esempio di architettura alpina, testimonianza di maestria artigianale per sfruttare al meglio i materiali, principalmente la pietra e il legno, creando efficaci soluzioni costruttive.
Qui abbandoniamo la sterrata, che scende a valle, e seguiamo il panoramico sentiero sulla destra che traversa il versante sud-orientale del Monte Ruera, con begli scorci sul vallone sottostante e sulle borgate di Saretto e Sonvilla, portandoci nel valloncello ove si trovano le vene più importanti di ottima ardesia .
Qui si trovano le dieci cave che nei tre secoli passati hanno rappresentato la fonte di sopravvivenza per questa zona, in grado di fornire le migliori lose del territorio cuneese.
Salendo in verticale il sentiero in direzione di Frise s’incontrano in successione le diramazioni che portano agli ingressi delle cave. La Barma Soutano, la più spettacolare, con la Laouziero de Canoun e Jan d’Courdeto; interessante il pannello all’ingresso che illustra alcuni momenti della vita dei “laouziatìe”, i cavatori o scalpellini, nei momenti di riposo e della festa dedicata a Sant’Agata (Santo Gueto), la loro protettrice. Più sopra un’altra serie di cave: de Rouèro Nadin d’Tcìo e Nardèt, d’Courdèto e d’i Grant, de Met e Giusep, de Felix, interessanti per l’organizzazione di spostamento dei pesanti blocchi di ardesia mediante carrelli su rotaie per trasferirli alla teleferica di discesa a valle. Qui, nel punto più elevato delle cave, sono ancora visibili i resti della stazione di comando del cavo di tale ingegnoso sistema di trasporto.
Al termine della zona delle “laouziere” il tragitto spiana in una sterrata dove, sulla carcassa di una “Fiat 600 prima serie”, è indicata la direzione per Frise!Transitiamo sotto la borgata Ruera arrivando al pilone all’ingresso di Frise, dedicato, tra gli altri, a Sant’Agata e San Magno.
L’intenzione iniziale era quella di fare una puntatina al Monte Ribè, ma il tempo e l’interesse dedicato a quanto quanto finora visto e le giornate ancora corte, ci convincono a desistere e a concederci una rilassante pausa pranzo sulle soleggiate panche della facciata della chiesa di San Bartolomeo e San Giovanni.
Anche senza essere saliti tanto in alto, da Frise si gode il panorama di un buon ventaglio di cime sullo spartiacque con la Valle Stura che facciamo a gara a catalogare.
Ricaricati dalla pausa e dalla speciale crostata con marmellata di corbezzoli di Maria, innaffiata dal genepy di Antonio, ci apprestiamo al ritorno.
Dalle carte risulta una scorciatoia che taglia verso il fondovalle, ma lo stato di abbandono di tale sentiero ci convince a seguire la strada che raggiunge e affianca il rio Cerasetto, completamente ghiacciato.
Passata la Borgata Sonvilla individuiamo sulla sinistra il punto di arrivo della teleferica che portava sulla strada il materiale estratto nelle soprastanti cave e qui troviamo l’opera di land art Sulla via del Ritorno dell’artista tedesco Johannes Pfeiffer. Tale opera vuole simboleggiare la memoria storica delle antiche laouziere nell’ambito del progetto “Pèire que préiquen – Pietre che parlano”.
Superiamo la borgata Saretto e il bivio per Coumboscuro e in breve torniamo a San Pietro, senza dimenticare un’attenta visita al “Museo dei Babaciu” simpatica e interessante rievocazione nelle vie del paese di uno spaccato della vita di un tempo in Valle Grana con personaggi costruiti con il fieno e attrezzi, vettovaglie e arredi d’epoca.
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