Attraversiamo confini ad ogni pie’ sospinto. Ci sono frazioni che si chiamano Dogana, piccoli fiumi che dividevano regni, passi che sanciscono l’ingresso in culture completamente diverse, con dialetti che cambiano e tradizioni differenti. Stati, Granducati, Imperi e limiti invalicabili, come quello del Rubicone. E proprio come il Rubicone ha cambiato nome e corso, così i confini si spostano e migrano, mutano e si confondono.
Gabriele, santarcangiolese doc, dice: “El Marecia l’è come la voita, una volt l’è a destra, una volt l’è a senestra. L’impurtant l’è che vaga verse la foign” (Il Marecchia è come la vita, ogni tanto va a destra ogni tanto va a sinistra. L’importante è che vada verso la fine).
Il percorso
Da Piazza Ganganelli, centro ideale del paese di Santarcangelo di Romagna prendiamo Via Mazzini verso la stazione. Circa un km di viale alberato e siamo appunto alla stazione, dove gireremo a sinistra e usando il marciapiedi di Via de Gasperi arriviamo fino in fondo. Qui gireremo a sinistra per poche decine di metri e poi subito a destra, per Via San Vito. Abbiamo un ottimo passaggio pedonale dall’altra parte della strada che passa sotto alla ferrovia e andando sempre dritti conduce appunto alla frazione di San Vito. Svoltiamo a sinistra per la Via Emilia Antica e arriveremo alla Chiesa di San Vito. Continuando costeggeremo i campi sportivi ed ecco che la vista si aprirà su di un’arcata di un ponte di epoca augustea, troppo imponente e monumentale per non pensare che il luogo fosse sacro. Siamo di fatti nei pressi del Rubicone e di un ponte che in passato doveva avere almeno sette arcate. Benché oggi il nome sia quello di Uso fino al 1930 questo fiume era conosciuto come il Rubicone. Fu Mussolini a destinare il nome Rubicone ad un fiume più a nord per far terminare una vecchia diatriba. Ovviamente la morfologia del vecchio fiume era completamente diversa da quella di oggi. Oggi l’Uso (o il vero Rubicone) è un fiumiciattolo attraversabile con un ponticello (chiamato Ponte Balley) pedonale.
Prendiamo via Emilia Vecchia e arriviamo alla strada più ampia, qui svoltiamo a destra e prima del ponte prendiamo uno stradello che scende verso le rive, che imboccheremo a sinistra. Dopo breve alcune zone agricole ci allontaneranno dalle rive e prenderemo Via Secchia, dunque al bivio a T a destra per Via Uso e subito a destra per Via Lambro. Si passa così sotto l’autostrada adriatica e in fondo si svolta a destra per Via del Fiume. 150 metri e andiamo a sinistra su strada sterrata nei campi. Questa ci porterà ad alcuni campi sportivi e proseguendo dritti arriveremo alla ciclabile dell’Uso, all’altezza di un ponte (da non prendere). Andremo in direzione nord, seguendo la pista e la sinistra orografica del fiume, tagliando le anse. Seguire la pista è abbastanza semplice, tranne in un punto, ovvero quando incontrerete i cartelli Appostamento fisso di caccia con tunnel, qui dovete scendere con un sentierino verso un canale secondario e oltrepassarlo per riprendere le rive dell’Uso.
Si arriva dopo alcuni chilometri al ponte ciclopedonale in legno lamellare, da prendere e alla fine del quale andare a sinistra. Ancora alcune anse e finisce la pista ciclabile. Qui andare dritti per Via Ferrarin. La prima a sinistra e arriviamo di nuovo all’Uso, da costeggiare fino al porto di Bellaria Igea Marina.
Attraversiamo confini ad ogni pie’ sospinto. Ci sono frazioni che si chiamano Dogana, piccoli fiumi che dividevano regni, passi che sanciscono l’ingresso in culture completamente diverse, con dialetti che cambiano e tradizioni differenti. Stati, Granducati, Imperi e limiti invalicabili, come quello del Rubicone. E proprio come il Rubicone ha cambiato nome e corso, così i confini si spostano e migrano, mutano e si confondono. Gabriele, santarcangiolese doc, dice: “El Marecia l’è come la voita, una volt l’è a destra, una…
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