La Madonina (Oratoire) e Le Pilon, da Saorge
Mappato da Antonio (Compagnia dell’Anello)
Eh sì, possiamo proprio dirlo forte… Mai come oggi gli assenti hanno avuto torto! Siamo solo in tre al settimanale appuntamento del giovedì, e per non dover pestare neve, vista anche l’ultima faticosa esperienza, si è deciso di trasferire armi e bagagli in Valle Roya, e più precisamente nei pressi di quello stupendo villaggio denominato Saorge (vecchio Saorgio di italiana memoria), abbarbicato su uno sperone roccioso a strapiombo sulle gole del fiume Roya.
La Valle Roya, come risaputo, con andamento Nord-Sud, ha origine dal Colle di Tenda – spartiacque tra le Alpi Liguri e le Alpi Marittime, andandosi ad estinguere alla foce dell’omonimo torrente nel Mar Ligure, nella cittadina di Ventimiglia; è senza ombra di dubbio la vallata con la maggior ricchezza di endemismi – il più eclatante la Peonia del Monte Grammondo – coniugando in una sessantina di chilometri di sviluppo specie vegetali cespugliose ed arboree della macchia mediterranea con gli ultimi coraggiosi esemplari della zona fitoclimatica dell’Alpinetum (comprendendo quindi tutte e 5 le zone fitoclimatiche, Lauretum, Castanetum, Fagetum, Picetum ed appunto Alpinetum), raggiungendo la sua massima quota altimetrica, considerando le valli laterali, nella cuspide del Mont du Grand Capelet a m 2935 s.l.m. .
Sussistono inoltre, soprattutto in alcuni valloncelli remoti, particolari microclimi favoriti dalla miscellanea tra l’aria caldo-umida del mar Ligure con quella più fredda e secca dell’ambiente alpino.
Purtroppo, come già menzionato in altre occasioni, per chi parte da Cuneo, incombe su di essa la Spada di Damocle del tototunnel, rischiando, quando si è particolarmente sfigati (e questo succede spesso), di dover attendere fino oltre 40 minuti, tra andata e ritorno, di fronte all’imperterrito ed implacabile display del semaforo rosso; a noi è andata benissimo all’andata, verde diretto, – grazie anche alle tecnologie del nostro impareggiabile Adriano, che riesce a sapere in tempo reale i minuti di attesa – subendo però al ritorno l’inesorabile ritorsione della legge della compensazione (22 minuti di stop!).
L’itinerario motorizzato ci conduce, dopo l’abitato di Fontan, a risalire a sinistra la seconda strada (quella a sud) che collega il fondovalle con il villaggio di Saorge; giunti al tornante, a circa 200 m dal santuario della Madone de Poggio, ove ha origine la bella ed ampia strada sterrata che s’inoltra nel Vallon de la Bendola, parcheggiamo l’automobile. Siamo a quota m 470, e per un lungo tratto in saliscendi e leggera discesa percorriamo la predetta sterrata, in una foresta di pino silvestre in dominanza, fortemente parassitato dal vischio, che va via via infittendosi.
Superati il Vallon de Coupera e il Vallon de Praine, nonché la Chapelle S.te Anne – presso la quale transiteremo al ritorno per una breve divagazione, e per disegnare uno striminzito anello – dopo circa un chilometro ed un’ultima ripida discesa la strada ha termine.
Ora un breve sentiero ci conduce al delizioso ponticello in pietra che scavalca il Rio Bendola, denominato Pont de Castou a m 428; da qui il ben tracciato sentiero, con andamento inizialmente prevalentemente pianeggiante, s’inoltra nella lussureggiante foresta del Vallon de la Madonina, costituita da una consociazione di varie latifoglie (ontani, frassini, aceri, querce, ecc), punteggiata nella parte alta da qualche pino silvestre con novellame abbastanza diffuso di abete rosso.
Superato un breve e caratteristico tunnel (senza semaforo!) scavato a mano per il superamento di uno sbarramento roccioso, oltrepassato il bivio col sentiero per il Vallon de la Baragne, e dopo un ultimo ponticello in pietra, in un’area ove muschio, edera e felci la fanno da padrone – qui il sole non è di casa, essendo l’esposizione predominante ONO -, il sentiero inizia decisamente a salire, con pendenza però sempre costante (complimenti al tracciatore!).
E qui, tornante dopo tornante (alla fine in tutto saranno ben 47!) scopriamo una simpatica ed utile arguzia tutta francese, cioè una piccola targhetta circolare apposta in prossimità di alcuni dei tornanti riportante due numeri, in alto quello dei tornanti che mancano per arrivare in cima e in basso quello dei tornanti già passati! Sommando i due numeri il totale logicamente è sempre lo stesso cioè il totale dei “lacets” e quindi, oltrepassato il tornante 47, si giunge finalmente ad un breve tratto pianeggiante denominato Oratoire de La Madonina, in cresta spartiacque (al di là c’è il Vallon de Bolega), ove è stato costruito un piccolo pilone votivo con statuetta della Madonna; la quota è di circa m 1020, e qui veniamo a contatto con il primo sole di giornata.
Continuando ora in direzione Nord la breve traccia in cresta, che si insinua tra alti cespugli di ginestra, raggiungiamo con un’ultima salita la cima-balcone denominata Le Pilon quotata m 1045; incredibilmente qui, anche perché siamo stati finora soggiogati dalla fitta e dominante vegetazione arborea, si apre una favolosa panoramica a 360°.
Se verso Sud siamo impediti alla visuale verso il mare – a causa della bassa quota in cui ci troviamo -, dai vicini più alti Roche Campane e Mont Battolino (stesso discorso verso Nord causa il Castel de la Baragne), ad Est possiamo contemplare gli spettacolari massicci rocciosi del Monte Toraggio e del Monte Pietravecchia, mentre verso Ovest la visuale spazia sulla lunga cresta innevata, da L’Authion fino alla Cime de la Nauque, con l’intermezzo dei vari Giagiabella, Raus, Capelet Superieur, Macruere, Chagiasse, Dormiouse, Escandail, ecc..
Ritornati al piccolo capitello de la Madonina, ci concediamo una mezz’oretta di pausa pranzo, allietati dal tiepido sole invernale e, soprattutto, dall’ottima “Sbrisolona” – torta dolce di pasta di meliga e mandorle di origini mantovane – gentilmente offerta dalla deliziosa Maria Teresa.
Il rientro si svolge lungo lo stesso percorso dell’andata, salvo, come già accennato, una breve divagazione per la Chapelle S.te Anne, piccola chiesetta semi-abbandonata, nei cui casolari circostanti ci siamo imbattuti in strani ed inquietanti segni del tipo riti satanici (disegnati sulla porta di un caseggiato), nonché in personaggi a dir poco originali… Mah!
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