L’Appia antica a Terracina è il decumano della città, entra da Porta Romana (dove si trova un utile negozio di biciclette che dà una seria rigonfiata alle nostre ruote) e sale su, costeggia il Capitolium che occupa una intera piazza con edifici di diverse epoche che si sviluppa quasi più in verticale che in orizzontale, arriva nel Foro.
È una bellissima sorpresa, il basolato perfetto corre tra la pavimentazione originale della piazza romana e il basamento del tempio che ci si affacciava a monte; subito sulla destra uno splendido duomo, la torre civica, il municipio e alcuni edifici civili costruiti al di sopra dell’Appia in epoche passate. E complimenti all’architetto che ha progettato il municipio, che è stato capacissimo di inserire un edificio moderno in un contesto così complesso. Veramente complimenti!
Proseguiamo alla volta del Tempio di Giove Anxur, una salita degna dell’Appia del primo giorno verso Genzano, ma per fortuna più breve. La strada prosegue poi in quota su di uno sterrato panoramico che affaccia sul mare e dal quale affiorano, in maniera a volte molto consistente, i basoli romani. Siamo ancora sull’Appia Antica, quella di Claudio, mentre la variante di Traiano corre più a valle grazie al taglio della collina, che però da quassù non riusciamo a vedere.
Il panorama si apre verso il mare, è una bellissima giornata; ritrovare il basolato romano in posti così lontani dall’urbanizzato è un’emozione che ti dà la forza di proseguire, un filo invisibile che ti collega con tutti “gli antichi” che hanno percorso quella strada, in qualunque epoca.
Ma ad un tratto incontriamo il nostro primo, vero ostacolo serio: una persona ignorante e scortese.
Ha costruito la propria casa sul tracciato e, non contento, ci ha messo un cancello che non vuole farci varcare. La situazione è paradossale: ci troviamo di fronte al suo cancello, semplicemente accostato, ma non possiamo toccarlo perché lui non vuole e abbiamo attorno ben cinque cani… Ci indica una strada nei campi che io verifico e che è del tutto impraticabile.
Così siamo costretti a smontare le borse e avventurarci per fratte, per poi passare una marana puzzolente (che poi non è altro che la fogna a cielo aperto del simpaticone di cui sopra): è un fosso di circa due metri di profondità e due di larghezza, che ci sembra più o meno attraversabile poco dopo il cancello. Tutta l’operazione di attraversamento della marana, con annesso trasporto biciclette e borse, avviene sotto gli occhi del proprietario. Nell’operazione ci si stacca un freno, così ci tocca pure fermarci a ripararlo. Dopo più di mezzora riusciamo a riprendere la strada; un secondo cancello chiuso con lucchetto ci impone di far passare le bici al di sopra della rete adiacente (con secondo smonta e rimonta delle borse); noi invece scavalchiamo il cancello, perché la rete ha del filo spinato.
Incidente finito, rimontiamo sulle bici e raggiungiamo la Statale 7.
Il viaggio riprende più interessante che mai, per la quantità di monumenti e reperti che incontriamo, ma la strada è obiettivamente pericolosa:
macchine, camion e pullman la percorrono ad una velocità decisamente superiore al consentito e noi non vediamo l’ora di poter deviare su laterali alternative, che non sono molte.Sono molte e molto belle, invece, le testimonianze che troviamo lungo il tragitto; dalla tomba di Galba, con il paramento ancora tutto in posto, poi un epitaffio, fino alle porte delle dogane dello Stato Pontificio e del Regno delle due Sicilie (una in proprietà privata…), intervallate dalla “terra di nessuno”, fino ad arrivare finalmente ad un percorso alternativo.C’è un punto, poco prima di Itri, in cui l’Appia Antica è adiacente alla Statale ed è stata riportata in luce dagli scavi; è perfettamente conservata per circa due chilometri, in cui è possibile riconoscere benissimo gli interventi di restauro borbonici (basoli piccoli e rettangolari), resti di mausolei romani e chiese medioevali, oltre ad un fortino di epoca borbonica che domina la strada dall’alto.
Alla fine del percorso si riprende la Statale alla volta di Itri. Arrivati in paese ritroviamo il basolato!!! Questa volta utilizzato come area per il parcheggio a spina, adiacente alla strada: questa è la cosa più umiliante che mi sia capitato di vedere fin’ora.
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